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03/05/2004 Soru e politica linguistica

Renato Soru e Realtà Ecosistemica, Sviluppo Economico, Identita’ e Recupero Linguistico

de Enrico Chessa Queen Mary College, University of London

Il panorama politico nazionale sardo si arricchisce della presenza di un nuovo personaggio, Renato Soru. Seppur noto ai piu’, e’ infatti per la prima volta che lo vediamo nei panni del politico. Ma e’ soprattutto una presenza nuova - nel senso di innovativa -, perche’ introduce nel mondo politico isolano (e forse non solo) un linguaggio diverso - semplice ed essenziale, schietto, sardista, ecologista, liberale… Ma e’, fondamentalmente, un linguaggio postmoderno, che accompagna un discorso politico legato ad una nuova visione della realta’ e ad un diverso approccio ai problemi. Essenzialmente, incarna una visione non meccanicista, cartesiana e frammentata del mondo, ma bensi’ olistica ed ecosistemica. Una visione in cui l’attenzione non e’ rivolta alle singole parti separatamente ma alla realta’ nel suo insieme. Un diverso approccio ai problemi, per intenderci, in cui, per esempio, turismo delle coste, interno, attivita’ produttive, tecnologia, conoscenza, sviluppo industriale, ambiente … sono tutti elementi interconnessi e facce della stessa medaglia: la crescita armonica della Sardegna. Personalmente, come sardo e come sardista, accolgo con entusiasmo questo nuovo modo di fare politica. Ma e’ soprattutto come sociolinguista, attento alla questione della lingua sarda, che vorrei esprimere un mio parere sul perche’ questo nuovo approccio politico possa far bene anche al discorso culturale, identitario, e linguistico. Pur non facendo mai riferimento esplicito a temi di Politica Linguistica, il linguaggio politico di Soru e’, infatti, denso di elementi che ci conducono ad un “progetto soggiacente” di salvaguardia e recupero dell’identita e della lingua sarda. Brevemente ed in modo schematico cerchero’, adesso, di spiegare il perche’. Partiamo, innanzitutto, da una premessa basilare: il discorso politico di Soru e’ incentrato prevalentemente sulla valorizzazione del territorio, in senso ampio e inteso in termini di ecosistema. Un sistema di sistemi, cioe’, in continua interrelazione e comunicazione fra loro. Un ecosistema al quale garantire un minimo di equilibrio dinamico, per poter essere non solo preservato ma soprattutto valorizzato. Ed e’ proprio la sociolinguistica moderna - l’ecologia delle lingue - ad invitarci a concepire il contesto in cui i parlanti interagiscono in termini di habitat. Stabilendo un parallelismo con gli ecosistemi naturali ci consiglia poi di affrontare la questione del recupero delle lingue in termini di salvaguardia degli equilibri ecosistemici. Cosi’, quando Soru ci dice che una stanza in Costa Smeralda costa € 1.500.00 a notte mentre un vitello in Gallura ne vale solo 400, ci sta avvisando del venir meno di un’interrelazione dinamica e di un equilibrio importante. In altre parole, ci sta dicendo che, se il turismo della costa e l’allevamento dell’interno vanno per strade indipendenti, rischiamo di creare dei meccanismi di crescita che possono essere deleteri, non solo per l’economia e la giustizia sociale nel nostro Paese, ma anche per l’identita’ sarda. Meccanismi che, fra le altre cose, ci costringeranno ad abbandonare le nostre attivita’ tradizionali – fondamento del carattere identitario – con il rischio di trasformarci in un popolo prevalentemente di camerieri e commessi. L’identita’ di un popolo, quindi, elemento determinante (quasi sempre) dell’abbandono/recupero di una varieta’ linguistica cambia (o si perde, a seconda di come lo si interpreti) perche’ si rompono quegli equilibri socio-economici che legano il popolo al suo territorio. Nel rompersi tali legami, si acquisisce (in molti casi) un diverso senso di identita' – legato al nuovo contesto venutosi a creare – e si sostituisce – prima in parte poi totalmente – la vecchia lingua per una nuova, vincolata alla nuova situazione, alla nuova realta’ e – perche’ non dirlo – ai nuovi padroni. Il nuovo contesto rappresentera’ anche, dal punto di vista pratico, il terreno fertile per l’apprendimento, la diffusione, e la trasmissione intergenerazionale del nuovo codice linguistico – nel nostro caso l’italiano. Perche’ cio’ non avvenga, dunque, e’ indispensabile adoperarsi affinche’ ci sia uno sviluppo armonico del territorio; e’ fondamentale, quindi, preservare l’habitat (linguistico) dei sardi. Crescere, in altri termini, in sintonia con le nostre tradizioni, le nostre risorse economiche, ambientali e umane, le attivita’ produttive tipiche, le nostre percezioni, i nostri codici di comportamento, le nostre abitudini alimentari … Crescere mantenendo l’ecosistema (e le parti che lo compongono) in equilibrio ed armonia con i sardi che, all’interno dell’ecosistema, ci vivono. Tutto questo, pero’, senza prescindere dai mezzi moderni e da uno sviluppo della conoscenza. L’identita’, cosi’ come la lingua, non si impara (solo) nei banchi di scuola (ne’ ballando il ballu tundu); l’identita’ e la lingua si vivono! Si vivono (e vivono) solo stando a contatto con un ecosistema “sano”. L’insegnamento del sardo a scuola, per esempio, non ne capovolgera’ le sorti se nel contempo non si attuera’ una trasformazione della politica sociale ed economica volta a garantire un habitat che favorisca il riappropriarsi della nostra sardita’, e che consenta la diffusione, l’uso sociale, e la trasmissione del sardo tra genitori e figli. Tutto cio’ potra avvenire solo e se non ci sara’ una cementificazione brutale delle coste, uno sviluppo turistico selvaggio, una conseguente immigrazione massiva di forestieri, l’abbandono delle attivita’ tradizionali, una politica industriale scriteriata, lo spopolamento dei paesi… E’ solo se prenderemo coscienza del fatto che un albergo in piu’ sulla costa puo’ significare un pastore in meno nel Supramonte che avremo vinto la battaglia identitaria. Solo quando avremo capito che un pastore in meno rappresenta un impoverimento e un albergo in costa non necessariamente un arricchimento che le cose, non solo in termini ambientali, potranno cambiare. Credo che per una rivincita identitaria e linguistica occorra una svolta politica come quella che ci sta proponendo Renato Soru. Una svolta che passa attravverso un nuovo approccio della politica sociale ed economica del nostro territorio, che vede tradizione e modernita’ in un rapporto di giusto equilibrio. Solo su queste basi e con queste premesse, acquistera’ un senso una Politica Linguistica in senso stretto. Ma senza una trasformazione della politica sociale ed economica tutti gli sforzi rischiano di essere vani.

A segus