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02/06/2005 Polìtica autonòmica

Soru: gherra a s'istadu pro su dinare

I conti della Regione sono in rosso per l’inadempienza dello Stato. La Terza commissione ha incontrato il presidente Soru sul tema delle entrate. Maggioranza e minoranza decise ad “avviare una grande stagione di rivendicazioni autonomistiche”

Cagliari, 1 giugno 2005 – Se lo Stato avesse onorato i suoi impegni nei confronti della Sardegna, i conti regionali non sarebbero “disperatamente” in rosso, come invece sono. Questa la conclusione alla quale sono giunti i componenti la commissione Bilancio e Programmazione economica, presieduta da Eliseo Secci, al termine della odierna “audizione” del presidente della Regione, un incontro chiesto e voluto proprio per rendersi conto di come stanno andando le “rivendicazioni” nei confronti dello Stato sull’attuazione dell’articolo 8 dello Statuto speciale della Sardegna, quello sul gettito tributario da “trasferire alle casse regionali”.

Senza certezza sulle entrate, “senza una reale autonomia finanziaria, non si può avere una reale autonomia politica”, hanno concordato i consiglieri regionali presenti all’audizione, manifestando esplicitamente il loro consenso alle iniziative che il presidente Soru ha avviato, confermando la validità delle “rivendicazioni” del recente passato, che non hanno portato però a grandi “risultati concreti”.

”E’ necessaria, quindi, una grande mobilitazione della società sarda”, hanno concordato il presidente della Regione e la commissione Programmazione economica. Una grande mobilitazione della classe politica, delle forze sociali, di tutta la società sarda per ottenere dal Governo “quanto previsto dalla legge”. Una grande, partecipata iniziativa, con alla testa il presidente della Regione, la Giunta, il Consiglio “tre autorevoli organi della stessa Istituzione”, che sicuramente avrà successo, come lo hanno avuto le altre “grandi iniziative politiche unitarie”, quelle che hanno portato ai piani di rinascita, agli interventi straordinari a sostegno dei diversi settori produttivi isolani.

La Regione vive, finanziariamente parlando, “utilizzando” una certa parte delle imposte e delle tasse, a vario titolo, pagate nel territorio regionale. Percentuali precise, stabilite dall’articolo 8 dello Statuto speciale, quindi da una norma costituzionale, che nel tempo si è cercato di far “crescere”, anche per tener il passo delle “progressive conquiste” delle altre regioni a Statuto speciale, che ricevono, come il caso della Sicilia, anche il cento per cento di quanto “riscosso” nei territori di loro competenza. Somme che potrebbero realmente garantire un diverso sviluppo, una ben più incisiva capacità di spesa, quindi di crescita sociale ed economica, anche alla Sardegna.

I conti sono presto fatti, ha ricordato il presidente Soru, introducendo il “delicato” argomento. Il “sistema dei trasferimenti” previsto dalle leggi in vigore “avrebbe dovuto assicurare un equilibrato rapporto, tra entrate e spese” tenendo anche conto della fisiologica crescita dei gettiti tributari. La quota dell’IVA, inoltre, da “contrattare annualmente” avrebbe dovuto permettere il “tempestivo adeguamento” delle risorse alle “mutevoli necessità di spesa” legate al trasferimento di nuove funzioni dallo Stato alla Regione.

Ma questo quadro, che sarebbe dovuto essere “certo”, in realtà ha fatto registrare scompensi, inadempienze, tagli nei trasferimenti che hanno reso sempre più difficile la vita e l’attività amministrativa della macchina regionale.

I debiti sono schizzati in alto, ha ricordato Soru, perché le entrate sono diminuite di circa seicento milioni di euro mentre le spese sono cresciute di almeno altri seicento milioni di euro, prevalentemente per l’aumento delle spese sanitarie alle quali la Regione fa fronte, con fondi propri, per almeno il trenta per cento. Le spese sono cresciute anche di più, ha dal canto suo ricordato Giorgio Oppi, perché il fabbisogno attuale per il sistema sanitario è di almeno ottocento milioni di euro, duecento in più di quelli stimati in un primo tempo. Un fabbisogno di millequattrocento milioni di euro, per il solo anno corrente, che non si può coprire con mutui o con altre entrate straordinarie; un disavanzo che impedisce qualunque nuova iniziativa, qualunque intervento per ridare slancio al sistema economico e produttivo della nostra isola. Quindi, non resta altro da fare che riprendere la strada della “vivace contestazione, della vertenza con lo Stato” per ottenere il rispetto delle leggi in vigore, degli accordi presi solennemente, anche non molti anni fa. Nel 1999, infatti, tra il presidente del Consiglio D’Alema ed il presidente della Giunta Palomba, al termine di un lungo confronto, per molti versi anche particolarmente duro, si raggiunse un accordo, la famosa intesa Stato-Regione, “un vero e proprio contratto”, che prevedeva una diversa, più favorevole, ripartizione del gettito fiscale. Ma quel contratto, ha ricordato Soru, è rimasto quasi lettera morta, è stato applicato solo parzialmente, e la situazione finanziaria è quella che è.

Se gli accordi fossero stati rispettati, nelle casse regionali sarebbero entrati, in questi anni, probabilmente 3 miliardi e mezzo di euro in più, una somma”ingente, importante”, che avrebbe evitato le crisi, ricorrenti, che hanno caratterizzato gli ultimi sei esercizi finanziari. Ogni dieci punti di IVA in più, hanno ricordato presidente, assessore del Bilancio, presidente della Commissione e diversi componenti la Terza (Commissione della quale fanno parte tutti i capigruppo e consiglieri particolarmente esperti in campo economico e finanziario), significano cento milioni di euro in più in arrivo nelle casse regionali; ogni dieci punti percentuali in più dell’Irpef, hanno aggiunto, significa un aumento di duecentocinquanta milioni nei trasferimenti dallo Stato. Se l’Iva passasse dal cinquanta per cento, quanto dovrebbe essere trasferita attualmente, al cento per cento, in pratica, la regione incasserebbe cinquecento milioni di euro in più ogni anno; se l’Irpef passasse dal settanta per cento, quanto è, teoricamente, riconosciuto attualmente, al cento per cento della Sicilia, arriverebbero, quest’anno, alla Regione altri settecentocinquanta milioni di euro, “una somma importante, che servirebbe per dare risposte concrete alle esigenze dei sardi, degli agricoltori, degli artigiani, dei commercianti, di tutti quelli che lavorano, producono, ma non riescono a crescere”. Forse, tra l’altro, queste sono stime per difetto, ha aggiunto l’assessore Pigliaru; a questo proposito è stato anche avviato un tavolo tecnico per accertare quanto sia effettivamente “lo scaduto, il non trasferito”, sul cui recupero è in corso una attenta ed approfondita trattativa con il ministero competente. Ma l’importante, hanno detto i componenti la Terza, è proseguire una incisiva, attenta, coraggiosa azione politica, “una vera rivendicazione autonomistica” per ottenere quello che le altre regioni “speciali” hanno ottenuto. Se per raggiungere questi obiettivi si dovrà arrivare ad una “mobilitazione generale”, tutti si sono detti pronti a fare, subito, la loro parte, per “difendere i sacrosanti diritti della Sardegna, dei sardi”. (mc)


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