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14/06/2005 Sèberos de Imprenta - L'Unione Sarda

Sardos, minoria limbistica prus manna de s'Itàlia

de Giuseppe Corongiu

unione sarda - pagina culturale 

Sardi, minoranza linguistica più numerosa d'Italia

di Giuseppe Corongiu 
Il numero è stato censito dal ministero dell'Interno: un dato che offre riflessioni 
Sono 1 milione 269 mila e superano nettamente i friulani (700 mila) e altoatesini (290) 

È quella sarda la minoranza linguistica più numerosa d'Italia. Lo afferma il ministero dell'Interno che recentemente ha diffuso le sue stime prudenziali sulla consistenza dei gruppi di lingua minoritaria presenti all'interno dei confini dello Stato. Secondo queste valutazioni i cittadini italiani di idioma sardo sono 1 milione 269 mila e superano nettamente i friulani (700 mila persone), gli altoatesini (290 mila), i francofoni (200 mila), gli occitani (178 mila), i provenzali (90 mila), i ladini (60 mila) con catalani, carinziani, sloveni, greci e albanesi che si attestano su poche migliaia. In sostanza il 5 per cento della popolazione insediata nel territorio italiano parla anche un'altra lingua oltre quella ufficiale. Queste cifre testimoniano l'interesse che il governo ha messo in atto all'indomani della approvazione della legge n°482 di tutela delle minoranze cosiddette "storiche", ancora poco conosciuta e scarsamente applicata proprio in Sardegna nonostante i suoi quasi sei anni di vita. Per dare il giusto valore a questi dati è necessario capire il funzionamento dell'articolo 3 della legge. Il riconoscimento della minoranza infatti non è automatico, né è legato alla territorialità. Così, un comune che intende valorizzare le politiche linguistiche deve in qualche modo dichiarare esplicitamente la sua appartenenza a una minoranza riconosciuta dalla legge. Per intedenderci, un comune sardo ha diritto a difendere la lingua sarda secondo la legge statale solo se rispetta il dettato del suddetto articolo e non per diritto naturale acquisito. Essere sardi e parlare sardo non basta. Tale procedimento si definisce della "delimitazione territoriale" e coinvolge anche le rispettive province, le quali devono collazionare, ratificare e inviare al Dipartimento degli Affari Regionali presso la presidenza del Consiglio del Ministri tutte le delibere dei singoli enti locali. Nei territori che hanno effettuato tale procedura, il ministero dell'Interno ha diffuso negli anni scorsi dei questionari da compilare a cura dei responsabili degli enti locali. I risultati ora cominciano ad essere noti e sono già stati pubblicati anche dal quotidiano giuridico-economico Italia Oggi il quale ha messo in evidenza anche le opportunità di sviluppo economico che tale legge mette a disposizione di regioni, province e comuni interessati. Il dato sardo fa riflettere, in particolare in questi giorni, visto che la Regione si accinge a dare il via a una grande ricerca socio-linguistica su tutto il territorio regionale affidata a una commissione bis di esperti che raccoglierà il testimone di quella convocata con scarso successo qualche anno fa. Altri compiti dell'organismo nominato dal presidente Soru (prima riunione prevista per il 21 giugno) sono quelli di avviare un'ortografia comune per le varianti e di scegliere la lingua ufficiale (ma solo in uscita a tutela della diversità dialettale interna del sardo) della nostra istituzione autonomistica. Questi almeno gli indirizzi politici dettati da Soru nell'ormai famoso discorso pronunciato (in parte in sardo) a Ozieri qualche mese fa. Indirizzi che nessun commissario nominato può mettere in discussione. Considerato che i sardi, almeno secondo le fonti autorevoli dello Stato, sono la minoranza linguistica più numerosa c'è da scommettere che i lavori di questa commissione saranno seguiti con molto interesse non solo in Sardegna, e ogni scelta sarà passata al microscopio. Sia le opzioni politiche che quelle tecnico-scientifiche. In particolare, agli aspetti linguistici va affiancata la necessaria conoscenza e il rispetto proprio della legge 482 che spesso nelle defatiganti polemiche che conosciamo (e che vorremmo abbandonare per entrare finalmente nelle questioni "pratiche" del bilinguismo, perché la guerra linguistica serve anche a non far lavorare chi ha le capacità e a far esistere chi non fa) viene accuratamente ignorata. La commissione non pùò fallire perché il fallimento sarebbe in primo luogo politico e, in secondo luogo, non sarebbe un fallimento della lingua sarda in quanto tale, ma dei singoli esperti chiamati a dare soluzione tecnica alle direttive presidenziali. Il dato del ministero dell'Interno va preso per quello che è senza trionfalismi da un lato, né stracciamento di vesti dall'altro. Non va usato per fare propaganda. È un dato certamente sorprendente per i numeri perché è ottenuto senza il concorso del catalano di Alghero, sassarese, gallurese e tabarchino che, come è noto, la scienza non classifica all'interno della lingua sarda (e il legislatore e il ministero l'hanno ben capito a differenza di altri). Inoltre, tanti comuni ancora in Sardegna non hanno delimitato, e ciò fa pensare che il numero sia suscettibile di aumento. Ovviamente significa molto dal punto di vista politico culturale perché testimonia perlomeno la volontà consistente della larga maggioranza dei sardi (e delle istituzioni che li rappresentano) di dare corpo finalmente a un bilinguismo effettivo, normale, naturale, senza polemiche o paure recondite. È dovere della Regione (che si fa normalmente scavalcare dal Ministero nella tutela della "sua" lingua), delle Amministrazioni Provinciali (in particolare quella di Cagliari che finora è rimasta ai margini) che hanno entrambe nei cassetti progetti finanziati grazie al lavoro volontario di qualcuno che ci crede veramente. E spesso sono questi volontari appassionati a essere isolati o emarginati a favore di lobbisti e affaristi. Ma cerchiamo di fare bella figura nell'Europa che tutela le minoranze. Secondo il governo, siamo la minoranza linguistica più grande presente nel territorio italiano. Di questo forse non tutti ci siamo resi conto. È un'occasione straordinaria di rivalutazione per chi ha sempre guardato con sospetto a questo mondo. È necessario fare di questa realtà uno strumento di progresso, di modernità, di sviluppo e di confronto con il mondo. In sardo possiamo dire cose nuove, interessanti, belle e anche "a la page". Un milione e 269 mila uomini e donne sono (siamo) chiamati a questa sfida. 

Giuseppe Corongiu

09/06/2005 

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