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17/06/2005 Sèberos de imprenta - Giornale di Sardegna

Limba, sa bia de s'identidade

de Francesca Fradelloni

Lingua, la via dell'identità

Varietà e sopravvivenza degli idiomi come patrimonio culturale. In pieno dibattito linguistico è di questi giorni la notizia che il gaelico dal primo gennaio 2007 sarà ammesso tra le lingue ufficiali dell'Unione europea. Cioè usata nelle riunioni del Parlamento europeo, del Comitato delle regioni e nel Consiglio dei ministri.Lingua imposta per legge in Irlanda e studiata a scuola, ma parlata come lingua madre solo da 55 mila persone.L'Ue ha dato inoltre lo status di lingue semi-ufficiali al basco, catalano e galiziano.UNA VERA BABELE linguistica, dove però manca il sardo, riconosciuto dalla legge dello stato italiano (la 482 del 1999) e seconda lingua più parlata nel Paese. «Cosa pretendiamo, il sardo non è menzionato perché non esiste ancora la variante ufficiale regionale. Si discute ancora sulla limba sarda unificada cioè il logudorese e la limba de mesanìa, variante del centro dell'Isola dove s'incontra il logudorese con il campidanese », spiega Giuseppe Corongiu presidente dell’associazione Sotziu Limba Sarda. «La lingua è un affare politico. Basta con il dibattito, con le parole, ora serve l'azione e la volontà. Il sardo - prosegue Corongiu - è parlato da moltissime persone, ma non esiste ancora una ricerca socio linguistica che indica gli effettivi parlanti, che sono molti di più
dei 55 mila del gaelico». LINGUE MINORITARIE in pericolo, dunque. Secondo l'“Atlante delle lingue a rischio estinzione” a cura di Stephen A. Wurm edito dall’Unesco, non rimarrà traccia, nell’arco di un secolo, del 90 per cento delle lingue oggi parlate, per estinzione delle persone parlanti, per la loro dispersione come comunità, per l’invadenza dell'imperialismo linguistico anglo- americano. «Non credo a queste previsioni apocalittiche » dice Tullio De Mauro, uno dei maggiori studiosi di linguistica italiani. «Grazie alla legge che tutela le minoranze, si assiste a una ripresa di molti idiomi. Il problema quindi è di proteggere il diritto a parlare la propria lingua e investire nella didattica. Mi spiego meglio. Se un bambino ha un patrimonio linguistico familiare ha diritto a esprimersi nella lingua che riflette la sua identità. Quindi non credo, nel vostro caso, ad un sardo standard. O meglio si arriverà prima o poi. Ma si dovrebbe partire dalla varietà per poi arrivare alla codificazione. Credo che per una ragione di onestà intellettuale prima di tutto debba essere salvata l'identità linguistica del sardo locale, che non è uno solo. La scuola deve dare la possibilità a ogni bambino di scrivere e parlare la lingua della sua cultura, della sua storia. Quindi c'è bisogno della varietà locale, dopo si arriverà a un punto d'incontro». ¡

A segus