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17/01/2006 Seberos de Imprenta - Il Sassarese – N° 477. 15 ottobre 2005

Su cantu tataresu beru

de Fabritziu Dettori


IL VERO CANTO SASSARESE NELLE VOCI DEI “Magnifici 6”
FARENDI IN PIAZZA

Li abbiamo visti alla Festha Manna portare orgogliosamente i Candelieri e le bandiere dei vari gremi. Una tradizione che per loro non è solo spettacolo e turismo, ma autentico sentimento culturale. Loro sono il “Cuncordhu di Sassari”, il quale si propone di recuperare uno stile di canto, vivo fino agli anni trenta del secolo scorso. Un gruppo formato da: Emanuele Morracini, prima bozi; Mirco Morracini, meza bozi; Gabriele Morracini, bassu; Roberto Carta, contra; Graziano Fois, contra; Giuseppe Fois, bassu. Una passione che nasce “pa buganni a pizu kissu ki semmu” e per consapevolizzare, i sassaresi soprattutto, che la sasseresia non è unicamente quella di “la mirinzana” legata alla cultura cionfrariora di lu mi na futtu! Negli anni, infatti, c’è stata, purtroppo, un’esaltazione di quest’aspetto, a scapito dell’essenza più intima e più vera della cultura sassarese che, sempre più trascurata, ha avuto come esito la sua mistificazione nella modificazione folckloristica, la quale identifica i sassaresi unicamente come “orgogliosi menefreghisti”. La perdita della memoria storica di aver avuto un proprio abito tradizionale, di un proprio stile di canto e l’abbandono della stessa variante linguistica, ritenuta sgraziata e rozza, ha fatto sì che i sassaresi fossero etichettati esclusivamente con quei riferimenti culturali supersiti. Questi, però, oggettivamente, sono in antitesi a quella cultura di fierezza e rettitudine morale che contraddistingueva i sassaresi. Virtù resistenti nel patrimonio del “Concordhu di Sassari”, il quale, riportandole alla luce e agli orecchi, n’è oggi il custode. Il Sassarese ebbe la fortuna e il privilegio, di conoscere i componenti del gruppo durante le loro prove di canto, a porte chiuse, nella Chiesa di Sant’Andrea, farendi in piazza. Fu una vera e propria raffigurazione della sassareseria altra. Un concerto che, tra le luci fioche delle lampadine e candele, si armonizzava con la sobria religiosità che quello scenario conferiva, creando una spiritualità emozionante originale.

Da lì a qualche giorno molti sassaresi n’apprezzarono la bravura durante i riti della settimana Santa del 2005, in qualità di Confraternita dei Santissimi Misteri. Altre manifestazioni seguirono, per esempio, a Santa Maria di Betlem, durante l’eucaristia per Papa Wojtyla, nel giugno scorso. Mentre in agosto nell’arena della medesima chiesa, rappresentarono, nel corso della “Rassegna della canzone sarda” organizzata dall’associazione Acuvacamus, degnamente Sassari e l’antico canto con diversi brani, tra cui “Lu Cibileu”, meglio conosciuto come “La Piccadora”. Tra i vari brani del loro registro, vi è “La mea Brunedda”, un canto che molti ritengono originario di Aggius, ma che in realtà è sassarese, e che ha travalicato i confini turritani giungendo fino in Corsica. Un lavoro di recupero della tradizione del canto polivocale sassarese, quindi, che merita il plauso e l’attenzione da parte di tutti i sassaresi. Ora la loro sala prove non è più la chiesa di Sant’Andrea, ma un locale sito nel caratteristico Vicolo Godimondo. Siamo andati a trovarli e con nostro grande piacere, il giorno misuravano le loro voci all’aperto. E’ stata una festa! Gli storici palazzi disposti quasi a circolo, conferivano un’acustica sorprendente che conquistava chiunque vi passasse, convincendo i sassaresi ad uscire dalle case cu li cadrei pa pussassi i lu janniri o ad affacciarsi alla finestra per ascoltarli e vederli. Perché loro sono bravi e sono sassaresi. 
Fabritziu Dettori 

A segus