© LimbaSarda 2004

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

24/02/2006 Ateras minorias 

Europa unida cun totu sas limbas suas


Caro Peppe Corongiu 



contrariamente a quello che accade in zone di confine, dove molti scrittori si sentono demotivati o contrariati dalle situazioni socio-politiche e il risultato è molte volte negativo per la loro scrittura, in Alto Adige la letteratura italiana si è affermata e si sta imponendo con alcuni bravi scrittori: Michela Franco Celani, giornalista culturale del “Corriere dell’Alto Adige” che ha presentato a novembre, a Bolzano, il suo primo libro”Ucciderò mia madre”, Laura Mautone , la meranese autrice di un libro di poesie che ha avuto successo“Dell’amore e di altri aneurismi”, Bruna Maria Dal Lago Veneri che è anche giornalista di costume . Tra gli uomini si sono messi in evidenza Alessandro Banda, Reinhard Christanell, Paolo Valente, Paolo Cagnan e Paolo “Crazy” Carnevale, solo per citarne alcuni. 





Il giornalista Arturo Zilli parla della letteratura italiana, in Sudtirolo, in uno dei suoi articoli sul “Corriere dell’Alto Adige”, “Le mille voci letterarie di una terra di confine”. Zilli ci racconta che Carlo Romeo nel suo saggio “Tra periferia e frontiera – la letteratura in Alto Adige” ricorda l’affermazione dello studioso Eugen Thurner che, nel 1966, sosteneva l’impossibilità di una letteratura italiana in Alto Adige perché non essendo mai stato una terra italiana, “non poteva dare origine ad un’espressione poetica o letteraria”. 



L’Alto Adige era stato governato dagli italiani , ma “non posseduto a livello interiore e perciò questa interiorizzazione irrealizzabile- la sola che poteva dare espressione alla parola lirica – aveva reso muta la scrittura in italiano”.



Fortunatamente le cose sono andate diversamente e Romeo lo dimostra, redigendo un panorama di due generazioni di autori altoatesini, che comprende anche i nomi degli scrittori che ti ho nominato sopra.



Addirittura i saggi di Valente “Scrivere nel Sudtirolo plurilingue” e di Romeo (citato sopra), il libro di Banda “La città dove le donne dicono di no” vengono tradotti anche in lingua tedesca, per seguire lo spirito che anima l’operazione di “Grenzräume. 



Dice soddisfatta Beatrice Simonsen:”L’inclusione di scrittori di madrelingua italiana è stata per me un punto fermo, in Austria gli scrittori italiani dell’Alto Adige sono quasi sconosciuti perché non ne esistono traduzioni: trovo sia di importanza capitale che anche “l’altro lato” del Sudtirolo letterario venga riconosciuto e considerato! Altrimenti come si potrebbe arrivare ad uno scambio d’idee e di riflessioni?” 



Non ti sembra Peppe che questa letterata viennese ci porti entusiasmo e ci spinga a creare e produrre per poter entrare in quella benedetta Europa Unita, che ci pare sempre così lontana e irraggiungibile, per farci sentire, per farci conoscere, per avere scambi con tutti quelli che sono al di là del Brennero?





Cari saluti,

Maria Luisa Sotgiu 





Cara Maria Luisa, 



colgo l'occasione per ringraziarti pubblicamente per tutte le belle cose che ci mandi volontariamente da questa terra così bella, ricca culturalmente e umanamente interessante che è il Sud Tirolo o Alto Adige che dir si voglia. 



Tu che hai parenti sardi e ladini, che vivi a cavallo tra italiano e tedesco, che hai questa splendida apertura mentale: sei per noi importante. 



Credo che i tuoi contributi siano ormai "vitali" per la nostra modesta rivista che cerca di proporsi con i suoi scarsi mezzi a difesa della lingua sarda. A volte vorremmo farlo meglio traducendo tutti i testi in sardo, ma purtroppo ancora non ci riusciamo. 



Accontentati. Accontentatevi. 



Questa nostra lotta è vista da alcuni esponenti del provincialismo italiota locale come una chiusura, una battaglia antistorica, una rincorsa folcloristica. 



Noi, invece, crediamo che il modo migliore per essere europei (e ci crediamo veramente nell'Europa unita noi che viviamo a venti minuti di aereo da Tunisi) sia quello di aggiungere la nostra piccola (per noi grande) diversità sarda. 



Difendere la nostra lingua è per noi aprirci alle altre differenze, alle infinite variazioni linguistiche e culturali del tema "Europa". Occuparci della nostra lngua che rischia la sostituzione e l'estinzione ci ha resi sensibili a tutte le situazioni "di confine", che sono poi forse la maggior parte in Europa. 



Quale popolo o terra può non dirsi di confine oggi che tutti ci confrontiamo con il mondo? 



Mi sento dunque di sottoscrivere alla perfezione le tue affermazioni aggungendo solo che laddove c'è tolleranza, intelligenza, amore della cultura e non violenza, le culture e le lingue coesistono in pace. 



Senza sforzo. Come è naturale. 



Il nemico della buona convivenza delle lingue è la paura dell'altro, la miseria, l'ignoranza voluta o imposta.



Il nemico del sardo è il complesso di inferiorità creato da secoli di sottile dominazione, prima militare e sanguinaria, poi economica e culturalmente subdola. 



Il nemico del tedesco e dell'italiano nell'Alto Adige è certo l'estresmismo, o la mancanza di tolleranza. La storia. Che è stata crudele. 



Sento dire dagli amici ladini che i sud-tirolesi (che tanto rivendicano i loro diritti linguistici) con loro, minoranza nella minoranza, non sono poi tanto teneri. Beh, credo che sia una contraddizione bella e buona. 



Per gli italiani mi auguro solo che capiscano il vero valore di avere nel loro territorio tante diversità linguistiche. E' questo che rende l'Italia una vera terra europea. Non certo parlare tutti in inglese. 


Poi, sarà anche giusto parlare tutti in inglese.... ma se non si ha niente di diverso da dire....


A che serve? 


Per lavorare tutti nei call center? 


Noi parliamo in sardo perché vogliamo dire cose diverse. Le nostre nel rispetto di quelle degli altri. 



Speriamo di riuscirci. 



Ti saluto, e ti ringrazio per il tuo lavoro a nome di tutta la nostra associazione e di quegli sciagurati che ci leggono. 



Peppe Corongiu 


A segus