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28/02/2005 Rassigna de s'Imprenta - L'Unione Sarda

Isolata dai familiari per il “tradimento”

Mia madre avrà, come ogni anno, i fiori che gradisce di più: un mazzo di roselline rosse, ma «devono essere rosse rosse». 
Ha 90 anni ormai la mia mamma, e da quando è rimasta senza marito la sua vita è diventata priva di significato. 
Quello che più conta per lei, in casa, è la fotografia del suo uomo, venuto dalla Sardegna nel lontano 1936, per comandare la Stazione dei carabinieri, e che le chiese arditamente di sposarlo la prima sera che la conobbe. 
Mia madre rise sorpresa a quella richiesta e gli rispose che in Südtirol non era permesso a un uomo di chiedere a una ragazza di sposarla già la prima sera. 
Mio padre, da buon sardo, tenne duro e ripetè la domanda ogni volta che la incontrava, finché la bella tirolesina non potè più resistere, nonostante fossero tutti contrari: la famiglia e il paese. 
Lei, con fermezza, seppe affrontare l’astio dei suoi compaesani verso il matrimonio italiano, e fronteggiare la critica più feroce in nome dell’amore: traditrice della famiglia e della “Heimat”, che in tedesco significa “Patria”. Buona festa, mamma fiera e coraggiosa. 

Maria Luisa Sotgiu

maria.luisa.sotgiu@tin.it

Non era certo facile, negli anni ’30, l’amore di una sudtirolese per un militare italiano. Specie se questi comandava la stazione dei carabinieri, rappresentava cioè l’ordine imposto dagli odiati occupanti. L’annessione al regno d’Italia era una ferita recente: fu col trattato di Saint Germain, nel 1919, che il Sud Tirolo fu separato dall’Austria, della quale aveva condiviso la storia per cinque secoli. Vi abitavano allora 221 mila tedeschi, 9.400 ladini e 7 mila italiani. La mano pesante del fascismo rese più dolorosa un’ annessione mai accettata: la lingua tedesca fu proibita nella pubblica amministrazione, nella scuola e persino nelle lapidi dei cimiteri. Non solo: il regime favorì l’immigrazione dal Sud Italia, nel tentativo di rendere la popolazione di lingua tedesca minoranza in casa propria. Il risultato fu che l’ostilità fra i due gruppi “etnici” si inasprì e provocò ferite che solo in anni recenti si vanno rimarginando.
Naturalmente la gentile lettrice conosce bene questa storia, ed anche il suo rovescio. Ma forse non tutti i lettori sono in grado di valutare appieno quali ostacoli superò questa splendida storia d’amore.
Auguri alla sua mamma, signora Sotgiu, che le ha insegnato con l’esempio come uomini e donne possono costruire un futuro che guardi oltre i pregiudizi. E auguri a tutte le “coppie miste” del mondo: ai palestinesi che amano donne ebree (o viceversa), alle cristiane che sposano i musulmani, ai cattolici d’Irlanda che convolano con i protestanti. Il loro amore vendica Bosko e Admira, uccisi nel ’93 su un ponte di Sarajevo: lui serbo, lei musulmana di Bosnia, freddati dai cecchini di entrambe le parti. Stretti in un abbraccio più forte della morte.

Daniela Pinna 

A segus