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28/02/2005 Parris lìberus

Io, sarda

de Elena Ledda

Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia dalle fortissime radici contadine, (sono la quinta di otto figli) la lingua madre della nostra comunità era il sardo, tutte le relazioni erano all'insegna della lingua sarda; la mia infanzia dunque è stata segnata da questa cosa.
Con mia madre, mio padre, miei nonni, miei fratelli la lingua dell'affetto e del contrasto era il sardo.
Fu la scuola ad inserire uno spartiacque preciso, erano gli anni sessanta, il boom economico oltre alla prosperità inseriva dentro le comunità un tarlo insidioso, che si dovesse completamente abdicare la lingua sarda in favore di quella italiana, perché la nostra lingua ci isolava e l'italiano ci consentiva di partecipare a questo nuovo progresso. 
Mentre io e i miei fratelli frequentavamo le scuole elementari le maestre pretendevano parlassimo esclusivamente in italiano, a casa mia madre cominciava ad interrogarsi se fosse giusto, a chi rivolgersi se non a suo fratello Totore, insegnante di lettere per il comportamento da seguire. Ricordo ancora il loro dialogo - Ma cumenti ddus depu chistionai custus pipius in sardu o in italianu?
-In sardu, po s'amor''e Deus, no fezzasta dannus!
Mia madre chiedeva: Ma in che lingua devo parlare con i bambini, sardo o italiano?
Mio zio rispondeva ( non dimenticherò mai) : In Sardo, per amor di Dio, non far danni!
Zio Totore aveva già compreso che potevamo essere completamente bilingui.
Non tutte le famiglie fecero questa scelta, e proprio in quegli anni si inizia a perdere completamente l'abitudine ad espremersi in sardo, i ruoli s'invertono la prima lingua diventa l'italiano, inizia il repentino declino della nostra lingua.
Bisognerà attendere la fine degli anni novanta per capire in tempi di globalizzazione che la lingua era una forza e un valore non una vergogna.

Giovanissima inizio a cantare un repertorio tradizionale con la naturalezza e spontaneità che derivava da una parte dall'aver appreso in famiglia le regole del "bel cantare " e dall'altra dall'incoscienza dell'età. Condivide con me questa esperienza mio fratello Marcello che già allora era un virtuoso dell'accompagnamento del "canto a chitarra".
Contemporaneamente inizio gli studi di Canto al conservatorio di Cagliari.
Insieme allo studio classico, utilissimo per l'apprendimento tecnico e stilistico, inizia la mia ricerca sul repertorio tradizionale, frequentare i palcoscenici deputati alla tradizione mi consente di conoscere i grandi interpreti. Il desiderio di approfondire diventa necessità.
Terminati gli studi si profilava una brillante carriera lirica, ma l'attività con la musica tradizionale era avviata, avevo già pubblicato il mio primo disco "Ammentos" a cui stava per seguire il secondo "Is arrosas", nella mia strada un incontro fondamentale con Mauro Palmas e per la definizione internazionale della mia carriera quello con Andreas Vollenweider; la scelta di abbandonare il repertorio classico è stata dolorosa soprattutto per coloro che mi avevano seguito nel completamento degli studi , io avevo sempre saputo quale sarebbe stata la mia scelta di campo, abbandonavo una carriera per abbracciare con determinazione una scelta di vita.
Sono anni molto ricchi di concerti, incontri e collaborazioni, Enrico Rava, Don Cherrry,
Lester Bowie, Paolo Fresu, Noa e tanti altri che contribuiscono a dare ulteriori energie al mio lavoro, ma non perdo il piacere dello studio, della ricerca, della composizione.
La forza dei canti e della musica della tradizione, era in grado di lasciare persino me stupefatta, figuriamoci chi ci ascoltava in Argentina, Australia, Stati Uniti,Brasile,Europa o chi in Sardegna non credeva in questa potenzialità. E' proprio in quegli anni che si definisce la mia appartenenza identitaria.
Bisogna subito dire che la diffusione della cultura sarda e la consapevolezza politica di quanto fosse importante assumere un ruolo egemone era in quegli anni affidata a un manipolo di intellettuali e politici, per quanto spirasse un vento "sardista" le scelte precise che potevanono determinare la vera affermazione identitaria dell'isola non furono fatte. Mi riferisco in particolare alla questione della Lingua. Solo nel 1997 il Consiglio regionale approverà la legge 26 per la tutela della lingua e della cultura sarda, tuttavia è la legge nazionale 482 del 1999 che afferma, più della legge del consiglio regionale, che la lingua sarda è lingua a tutti gli effetti. Le leggi sulla difesa della cultura,
della lingua e della storia della Sardegna, come minoranza sono ormai regionali, nazionali ed europee. Non resta che prenderne atto!

Nella vita delle persone è spesso il caso a determinare gli sviluppi futuri. Nel 1997 mi viene offerto l'incarico come assessore tecnico del settore cultura al comune di Quartu Sant'Elena, terza città per numero di abitanti della Sardegna. Da subito affrontiamo le problematiche legate ad una città che conservava ancora molto forti le sue caratteristiche tradizionali e popolari, tuttavia avendo subìto una grande espansione urbanistica, viveva come avesse due realtà assolutamente incomunicabili tra loro: il paese e la città. Anni di lavoro consentono a Quartu di diventare leader in Sardegna nella battaglia sulla lingua. L'approvazione della legge nazionale ci consente di far diventare atto legislativo ciò che non apparteneva alle carte ma che noi praticavamo sul campo. Così è nato il primo Assessorato alla Lingua sarda con l'intento di uscire dall'improvvisazione e dell'arte di arrangiarsi mettendo in campo competenze e forze che rischiavano di andare perdute. Questa decisione suscita molta curiosità e scalpore anche perché non era un politico ma un artista a guidare questo progetto. Quartu viene proiettata in una dimensione nazionale ed europea. Molte cose preziose sono state fatte ma ne voglio ricordare solo due. La prima, la delibera in sardo del 27/03/2000, dopo seicento anni, cioè dai tempi delle nostre istituzioni giudicali e di Eleonora d'Arborea,il sardo veste nuovamente i panni di lingua ufficiale; la seconda, l'istituzione de " sa domu de sa limba sarda". La casa della lingua sarda fu un laboratorio che consentì di iniziare a sanare la ferita dell'identità di Quartu e di una vasta aerea del cagliaritano, scuola di lingua pura, scuola di poesia e canto tradizionale, scuola di Launeddas e chitarra sarda, incontri letterari, teatrali e cinematografici sono soltanto alcuni degli appuntamenti che hanno calamitato l'attenzione di migliaia di persone. Non si è mai trattato di nostalgie folcloristiche, si trattava di stringersi attorno alla consapevolezza dell'affermazione dell'identità. Antico e moderno andavano finalmente insieme. Sembrerebbe una favola bella ma non esiste un lieto fine; al termine del nostro mandato e con l'insiedamento di una nuova guida politica per la città di Quartu, questa esperienza viene completamente ripudiata, insieme all'assessorato alla cultura viene cancellato l'assessorato alla lingua sarda, disperso l'immane lavoro fatto in quattro faticosi anni; Quartu precipita nuovamente nell'abisso di città dormitorio.
Nonostante l'interruzione di questa esperienza, in Sardegna esiste a tutt'oggi un nuovo fermento e molti intellettuali partecipano al dibattito sui destini della lingua e cultura sarda. Per parte mia l'impegno non è mai venuto meno e prosegue nell'ambito della mia esperienza artistica. In questi tempi così difficili solo la forza della nostra lingua e della cultura potranno salvarci dal completo oblìo dell'omologazione, la diversità è la vera forza, ogni sardo faccia di questa forza la propria bandiera.

Pubblicato su " gli altri italiani" minoranze
linguistiche allo specchio di Wolftraud De Concini edito dal Comune di
Pergine Valsugana (trento)

A segus