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26/02/2005 La questione dello standard amministrativo

...e se la Regione avesse molte lingue ufficiali?

de Giuseppe Corongiu - Direttore de Diariulimba

Accantoniamo pure la Limba Sarda Unificada. In Sardegna non la vuole proprio nessuno. No at tentu acordiu. E’ stato il bluff riuscito di giocatori d’azzardo fortunati. Oggi però il gioco mostra le sue debolezze. Non c’è consenso reale neppure dove sono arrivati i soldi per gli sportelli linguistici. I sindaci ellesseuizzati son costretti a mettersi contro i propri paesani due volte “a dolu mannu”: la prima perché non valorizzano il sardo locale, la seconda perché invece di dare posti di lavoro in paese devono subire le assunzioni di personale inviato da Corraine e Rocca, l’ineffabile coppia d’assi della politica linguistica sarda.

Corazu, accantoniamola, dunque, questa LSU. 

A noi, non lo abbiamo mai nascosto, piace il sistema proposto dal “Comitau po unu sardu comunu”, noto come Limba de Mesania che signori interessati a confondere le idee, come il professor Giulio Angioni, fanno credere che sia simile alla LSU. 

Sun sèmpere istados contras e como su matessi, matzonande però. 

Niente di più falso, perche LdM non prevede nessuna “unificazione” della lingua, ma è una proposta all’insegna del plurilinguismo, anche se non dell’anarchia.

Si può riassumere in tre punti.

1) Totu su sardu est ufitziale e legale. Donzunu podet e devet impreare sa variedade sua de idda sua. Che equivale a dire che la ricchezza delle varietà locali del sardo (che poi è la forza della nostra lingua d’identità) è salva. Pertanto nella letteratura, nella poesia, nella musica, nella scuola,nei giornali, nei media nei comuni e nelle provincie è giusto e auspicabile che si utilizzi la variante locale. Cumpresu? 

2) Su chi si devet faghere est una ortògrafia comuna, chi cheret nàrrere una simple e ùnica “grafia” de su sardu. Su Comitau nd’at propostu una: si non piaghet semus disponibiles a la giambare. Bastus chi nos detzidimus.

3) Si pone il problema della Regione: quale variante deve usare l’istituzione che ci rappresenta tutti? Quale lingua ufficiale visto che è fondamentale per la ripresa della lingua che la nostra massima istituzione la renda visibile ai massimi livelli?



Cale limba sarda ufitziale po sa Regione? 



Secondo chi propose un anno fa il sistema Limba de Mesania la Regione dovrebbe usare solo per i suoi atti amministrativi e solo in uscita quella variante di sardo di una fascia mediana della Sardegna che va dal Guilcieri fino all’Ogliastra dove le due macro-varianti si sono mescolate “naturalmente” (non a tavolino) e hanno dato luogo a parlate miste. Si tratta in realtà del modello della Carta de Logu del Giudicato di Arborea che è un precedente non di poco conto sopravvissuto fino al 1824. Se, pur non facendo i soliti provincialotti, vogliamo dare un respiro europeo, facciamo notare che una simile esperienza si è fatta in Svizzera nel cantone dei Grigioni con il romancio. 

Va chiarito fino alla nausea dunque che tale variante è “naturale” perché effettivamente parlata. E’ “rappresentativa” di tutte le maggiori varianti del sardo. E’ “democratica” perché parte dal basso, “non totalizzante” perché non toglie nulla alle varianti o macro-varianti che continuano ad esistere. Repetita iuvant: è una lingua che non si candida ad essere parlata perché resta una semplice lingua scritta amministrativa in uscita dalla Regione. Sostanzialmente è un simbolo ufficiale di unità linguistica e politica. La Regione accetta in entrata tutte le varianti. “Sas limbas de s’oru” (che non sono sarde) catalano, gallurese, sassarese e tabarchino saranno libere e dovranno dire loro cosa vogliono fare se aderire oppure no. Tale sistema è’ l’unico modello unitario realmente praticabile di governo della politica linguistica. 

Vi immaginate se la Sardegna fosse rappresentata in Europa con tutte le sue varianti? Sarebbe da ridere. Faremo una figura terribile. E vi immaginate quanto costerebbe alla Regione tradurre tutto in tutte le varianti possibili e immaginabili? 

E’ un problema di politica culturale. Chi propone la Babele del plurilinguismo sa benissimo che in questo modo bloccherà tutto e non si farà niente. E’ lo scopo ultimo è proprio questo. Niente di scandaloso, siamo in democrazia. Bisognerebbe solo essere più onesti e dire effettivamente ciò che si pensa invece di seguire vie tortuose di pensiero lambiccato utili a sviare gli scrittori in limba con il complesso di inferiorità. 





Un problema a parte. La proposta delle due varianti in uscita: campidanese e logudorese



Si sostiene da più parti che le lingue in uscita potrebbero essere due: le macro-varianti campidanese e logudorese. Niente di nuovo, anche se manca la proposta tecnica degli standard. Allo stato si tratta di un’idea: è’ un modello che si è data la produzione letteraria degli ultimi secoli dunque rispettabile e perfino sperimentabile. La disponibilità è massima perché in olti vedono lì la soluzione. Ma visto che nel sistema di Limba de Mesania in uscita per la Regione sono fatte salve le macrovarianti letterarie perché rischiare questa piccola Babele biforcuta? Va benissimo per la poesia e i romanzi, ma per gli atti ufficiali? Per il linguaggio giuridico-amministrativo che ha caratteristiche sue proprie? 

E’ un problema di maturità. Uscire dalla vecchia concezione della lingua polverosa e “degli affetti” e dal ghetto delle arti e del folclore in cui siamo stati cacciati. E’ un problema politico che concerne l’unità simbolica del popolo sardo.

Si romperebbe l’unione: si rafforzerebbe immediatamente un “noi” campidanesi e un “noi” logudoresi. E nell’area della Mesania cosa si dovrebbe usare? Per non parlare dell’emigrazione interna. Inoltre, sarebbero sempre varianti da standardizzare con regole fisse adatte alla scrittura degli atti. Non si salverebbe nulla di creativo. Su quale base? Si ricomincerebbe da capo con le liti dei cagliaritani e dei marmillesi sul vero campidanese. E i baroniesi accetterebbero il logudorese “illustre” di Ozieri o Bonorva? E chi ha detto poi che le macrovarianti sono due? La situazione è più complessa anche se i linguisti giustamente cercano di semplificarla. E visto che sono gia 2 perché non aggiungere anche il gallurese? E faremo torto al turritano? E i funzionari regionali quanti standard dovrebbero apprendere? Così via all’infinito verso la Babele che gli anti-limba ora promuovono. L’unico risultato sarà riportare in auge la LSU. Però essi non dicono che quando nella torre biblica Dio fece nascere mille linguaggi, il lavoro si fermò. Noi invece vogliamo, senza offendere Dio, che la nostra torre dell’identità linguistica sarda, o il nuraghe che è la stessa cosa, continui a esistere e a crescere. Mettendo insieme gli elementi veri della nostra identità: quel nostro immarcescibile tetragono municipalismo (la nostra vera forza esistenziale che ci fa essere sardi), il plurilinguismo con la nostra aspirazione a essere un popolo. Unu, non duos, o sette, o trecentosettanta, quanti sono i comuni.



Non saremo dogmatici, se ci sono proposte unitarie più convincenti delle nostre non faremo le barricate. E’ un problema politico, la scelta della soluzione non verrà dagli scienziati. La lingua serve a unire e a farci sentire un popolo. O a cos’altro? 



Giuseppe Corongiu

Direttore de Diariu Limba e de su Sòtziu Limba Sarda 

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