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03/02/2005 Rassigna de s'imprenta - www.unionesarda.it 

La guerra di Atlantide

 de Mauro Manunza 

Il libro-inchiesta del giornalista Sergio Frau Le Colonne d'Ercole è pericoloso, politicamente eversivo. L'ipotesi che la Sardegna fosse punto focale delle civiltà mediterranee nel terzo millennio avanti Cristo, e che addirittura potesse rappresentare quella che poi sarebbe divenuta la mitica Isola di Atlante, rischia di montar la testa ai sardi del terzo millennio dopo Cristo, risvegliando moti d'insensato orgoglio e scatenando tendenze rivoluzionario-separatiste. Non è uno scherzo: questa singolare lettura del best-seller isolano proviene da una stimata studiosa che a Firenze dirige l'Istituto italiano di preistoria e protostoria, Anna Maria Sestieri. La grave preoccupazione è espressa in una lettera all'autore, cortesemente avvertito della possibilità che le sue tesi portino, «seppure non intenzionalmente, ad alimentare manifestazioni del genere». Ci sarebbe da sorridere, se la lettera fosse rimasta nei limiti di una qualsiasi corrispondenza privata ? quindi confidenziale ? fra mittente e destinatario; se non che è stata messa online nel sito dell'istituto e quindi resa nota al mondo. Con buona pace dei sardi, indicati sul palcoscenico della rete globale come teste calde, pericolosi autonomisti e peraltro scemi. Scandaloso. Ma come è potuto accadere? Occorre fare qualche passo indietro e sintetizzare una vicenda che rivela retroscena non meno sorprendenti. A cominciare ? per dovere di chiarezza ? dai punti essenziali delle tesi di Frau, il quale ha tratto dalla sua lunga ricerca tra un'infinità di fonti antiche e moderne, nel mito di ieri e nella scienza di oggi, alcune conclusioni date alle stampe nel suo libro: 1) le mitiche Colonne d'Ercole assai probabilmente vanno posizionate nel Canale di Sicilia, fra il Mediterraneo orientale e quello occidentale, e non nello Stretto di Gibilterra; 2) in conseguenza a questo "spostamento" si può credere che il mito di Atlantide (da Platone in poi) sia nato proprio dalle caratteristiche della Sardegna, potente isola che fino al XII secolo a. C. controllava la parte ovest del mare Mediterraneo; 3) alla civiltà dei Sardi, e alla stessa Età del bronzo, avrebbe messo fine una catastrofica inondazione (causata da un sisma sottomarino e quindi da un'enorme onda anomala sull'isola meridionale) attorno al 1175 prima di Cristo; 4) l'esodo in massa di isolani superstiti ha lasciato tracce in Egitto e in Toscana (Etruria). Tutto ciò sostenuto con ricchezza di dettagli e precisi punti di riferimento (oltre 1700 circostanze) che ovviamente non è possibile elencare in poche righe. Una ricerca attenta, condotta con metodologia scientifica a tutto campo, che va molto al di là delle risultanze rigidamente tecnico-archeologiche. Tant'è che uno stuolo di personalità del mondo scientifico ha discusso e continua a discuterne, allargando l'interesse e rendendo necessario un secondo libro (Le Colonne d'Ercole, un bilancio, i progetti) che raccoglie decine di interventi, con nomi del calibro di Bingen, Braccesi, Canfora, Carandini, Castellani, Donadoni, Fo (Dario e Jacopo), Galimberti, Godart, Lilliu, Ribichini, Soueref... Il geologo Mario Tozzi ha dedicato alle tesi di Frau un'intera trasmissione tv ("Gaia", Rai3) recentemente replicata. La rivista "Diogène" dell'Unesco ha dedicato un intero numero all'argomento (in francese, inglese, tedesco, italiano, spagnolo, cinese...) e la stessa Unesco ha patrocinato la ricerca decidendo di organizzare a Parigi, nel prossimo aprile, la mostra "Atlantikà" che è rimasta allestita per tre mesi nell'aerostazione di Cagliari e poi a Milis. L'iniziativa dell'organizzazione dell'Onu per il patrimonio mondiale è, nientemeno, del direttore generale per la cultura (Mounir Bouchenaki), confermata da suo principale collaboratore (Azedine Beschaouch, accademico di Francia, archeologo e storico di statura internazionale). Tanto inconsueto interesse per il libro di un giornalista ha spiazzato non pochi ricercatori dell'ambiente scientifico ufficiale, e in particolare quelli della Soprintendenza archeologica di Cagliari e Oristano dalle cui scrivanie sono partite curiose contromosse: prima la vana richiesta al sindaco di Milis (sito di un importante nuraghe) di non ospitare la mostra "Atlantikà"; quindi un appello contro Sergio Frau. L'"Appello agli studiosi di scienze dell'antichità del mondo mediterraneo" presenta Le Colonne d'Ercole come una fantasiosa inchiesta propagandata come un testo di rilievo scientifico, «purtroppo con l'avallo di alcuni studiosi, quasi tutti non sardi e non conoscitori degli studi archeologici e geologici condotti in Sardegna negli ultimi cinquant'anni». Grazie a ciò, «Frau conduce una campagna di mistificazione e denigrazione ai danni di tutti i ricercatori operanti in Sardegna e soprattutto ai danni delle Soprintendenze archeologiche». Le tesi del giornalista vengono contestate attraverso 21 punti, ampiamente illustrati sull'Unione Sarda. I promotori hanno poi fatto girare l'appello fra le Soprintendenze, fra i collaboratori archeologi, tra alcuni enti e facoltà universitarie, raccogliendo quasi 240 firme tra la Sardegna e la penisola. Frau ha replicato con un contradditorio punto per punto, facendo osservare fra l'altro, non senza stupore e un po' d'ironia, che «in questi ultimi anni in Sardegna (e altrove) sono state fatte sparire migliaia di testimonianze del periodo che dovreste studiare e proteggere» e che «sono state approvate e messe in pratica leggi per lo spietramento dei campi (...) che non hanno avuto la stessa attenzione che ora date a me». In proposito, Frau avanza il sospetto che si cerchi di «sgambettarmi e far saltare la mia mostra che l'Unesco, per bocca di un accademico di Francia, ha invitato a Parigi». Il giornalista ha inviato anche una lettera di osservazioni alla direttrice dell'Istituto italiano di preistoria e protostoria, cui era stato indirizzato l'appello della Soprintendenza cagliaritana. Ed è a questo punto che alla prima sorpresa si è aggiunta la seconda. Ecco che cosa ha scritto fra l'altro la responsabile dell'istituto fiorentino, Anna Maria Sestieri: «L'amore per la propria regione, o nel caso specifico per la propria isola, è un sentimento bello e rispettabile; ma su questo terreno nessuna disciplina si presta come l'archeologia a un uso distorto di ipotesi e teorie che si dichiarano scientifiche. Non è necessario che le ricordi la storia recente e contemporanea per sottolineare il ruolo nefasto che un uso scorretto della documentazione e dell'informazione archeologica può avere nel suscitare nostalgie di paradisi perduti ed età dell'oro, e nel fornire il pretesto per rivendicazioni di superiorità culturale ed etnica e per aspirazioni autonomiste che sarebbe difficile giustificare altrimenti. Francamente, mi sembra che molte delle sue tesi si prestino, seppure non intenzionalmente, ad alimentare manifestazioni del genere. È precisamente questa una delle ragioni per cui considero assolutamente auspicabile un confronto scientifico aperto e serio, che metta un pubblico di non specialisti in grado di valutare la bontà delle teorie che gli vengono proposte e le pericolose implicazioni di una esaltazione acritica del proprio passato». Anche questa sconcertante dichiarazione politica ? che pare concepita nei più oscuri corridoi governativi romani ? è stata messa in rete. Il giornalista ha chiesto che l'intera polemica fosse resa pubblica nei siti online: comprese le proprie osservazioni. Anche perché sono quasi due anni che Frau corre da una parte all'altra dell'Italia, coinvolto in un dibattito che altro non è stato finora se non "un confronto scientifico aperto e serio" come vorrebbe la distratta dottoressa Sestietri. Alla fine ci ha pensato lui a mettere in rete appelli, lettere, requisitorie e controdeduzioni, e da qualche giorno tutto è accessibile a tutti (www.colonnedercole.it). Vi si legge anche lo stupore del giornalista per le considerazioni sui sardi teste-calde (replica: «Ma che genere di spauracchi mi sta agitando davanti? Che cosa le hanno mai raccontato di tanto fasullo, per spingerla a dire, ora, queste cose? Dovrei quindi tener sotto tono fonti, indizi, prove, risultati per paura che pure i Sardi si montino troppo la testa, perdano la trebisonda e si mettano a bere anche loro l'acqua sacra di un loro Po? ...Ma andiamo, un po' di rispetto anche per le intelligenze altrui. Non si pongono questi problemi gli inglesi che tirano a lucido Stonhenge, né l'Unesco quando tutela un sito patrimonio mondiale. Devo preoccuparmene solo io, perché i Sardi sono gente strana? E se saltasse fuori un tempio a Siena, che cosa bisognerebbe fare? Ricoprirlo di nuovo per paura che i senesi si insuperbiscano e dichiarino guerra a Firenze?». Fuori dalla mischia, una sola considerazione: non si ricordano altre prese di posizione così allarmate nei confronti di una ricerca condotta fuori dell'ufficialità e delle burocrazie ministeriali; né si era mai sentita, dai tempi della dominazione piemontese, una così scandalosa considerazione dell'intelligenza dei sardi. Perché tanta paura del libro di Frau?


Mauro Manunza

31/01/2005

A segus