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L'altra voce 04.10.2007 
Mòngiu e il sardo a scuola

La lingua sarda, strumento da far vivere
per comprendere la storia
e per dialogare meglio con mondo

di Matteo Bordiga

All'insegna della tradizione e del recupero delle origini linguistico-culturali. E di quel sardissimo senso di appartenenza che, soffocato dai bombardamenti massmediatici e da una cultura ormai “internazionale”, rischia di lasciare il passo a un'identità sempre più frammentata, ibrida, incerta. Per la Regione, la necessità dei cittadini sardi di riavvicinarsi alla propria storia è una priorità assoluta. Di cui devono tenere conto istituzioni, intellettuali e centri di cultura. Per questo, con un milione e 550mila euro la Giunta regionale finanzierà una serie di interventi previsti per il 2007 dal Piano triennale per la valorizzazione della cultura e della lingua della Sardegna.

Le Università di Cagliari e Sassari riceveranno 700mila euro per organizzare corsi sull'idioma e la storia sarda, più altri 100mila euro per borse di studio destinate a giovani laureati che intendano specializzarsi in storia, ambiente, tradizioni e lingua sarda. Mezzo milione di euro servirà per la promozione linguistica attraverso i mezzi di comunicazione di massa, emittenti radiotelevisive o stampa periodica e quotidiana. L'obiettivo è far approdare la lingua sarda, nelle numerose varianti dei differenti dialetti, sulle pagine dei giornali, alla radio e sul piccolo schermo. La Regione spenderà inoltre 150mila euro per l'acquisto dei diritti di pubblicazione, nel proprio sito istituzionale, di opere di scrittori e poeti sardi, di opere per la traduzione dal sardo all'italiano e viceversa e per la produzione e l'acquisizione di opere didattiche.

Sono confermate anche le iniziative culturali all'estero, a favore di associazioni di sardi che vivono fuori dai confini nazionali e di istituzioni culturali dove vi sia una forte presenza di emigrati sardi. Totale dell'investimento: 50mila euro. Ulteriori 50mila euro finanzieranno attività utili per il sostegno e l'applicazione della legge 26, con particolare riferimento al potenziamento dell'operatività dello Sportello linguistico regionale - Ufitziu de sa Limba Sarda, attraverso conferenze annuali.

Insomma, si è deciso di puntare forte sulla riscoperta dei valori e dello spirito di una lingua che, in molti, continuano a definire ormai silente, addormentata. Ma che, secondo stime recenti, è conosciuta, nelle varianti delle diverse zone, da ben il 72% dei ragazzi sardi che frequentano la scuola elementare, media inferiore e media superiore.

«Ogni progetto varato dalle istituzioni sul recupero della storia della lingua e del costume sardo trova uno straordinario consenso da parte dei giovani e dei meno giovani», ha commentato l'assessore regionale alla Cultura, Maria Antonietta Mongiu, «perché l'interesse nei confronti delle proprie origini è sempre stato e rimane molto forte. Così, abbiamo deciso di conciliare le esigenze imposte da una società cosmopolita come la nostra con l'attenta valorizzazione della cultura del passato, che ci ricorda da dove veniamo. Come? Puntando sulla complementarietà di due iniziative, che riflettono le due posizioni culturali: affianchiamo a questi finanziamenti per la riscoperta del sardo il programma Sardinia speaks English».

Perché, nel 2007, «le chiavi della cultura le possiede chi accosta l'istruzione a tutti i livelli alla conoscenza del proprio passato», chiosa Mongiu. Va precisato che il sardo studiato nelle facoltà non corrisponderà alla tanto chiacchierata Limba comuna. Che, vicerversa, continuerà a ricoprire il ruolo di idioma burocratico da utilizzare esclusivamente negli atti istituzionali. Piuttosto, ciascuna scuola valorizzerà la declinazione locale della lingua sarda. Questo permetterà di riscoprire tutti i dialetti del dialetto.

Maria Cristina Lavinio, docente di Didattica delle lingue moderne all'Università di Cagliari, propone un approccio diverso alla questione della lingua: «Per uscire da quest'annoso dibattito sull'eventualità di insegnare o meno il sardo a scuola, bisognerebbe elevare la cultura linguistica e sociolinguistica dei cittadini», osserva. «Allora, più che far nascere nuovi corsi che insegnino la grammatica sarda, credo sia opportuno puntare su laboratori di informazione metalinguistica. Inquadrando il problema in una prospettiva più ad ampio raggio: i cittadini devono essere abituati a conoscere e a padroneggiare le dinamiche linguistiche che si stanno affermando nella società contemporanea. Una sorta di crogiolo, un calderone linguistico nel quale gli idiomi sfumano, si mescolano, si sovrappongono. Ma soprattutto si frammentano: che senso ha parlare, oggi, di sardo puro?».

Secondo Lavinio, i sardi devono innanzitutto essere consapevoli «dei rapporti sempre più dinamici fra le varie lingue: idioma nazionale, dialetto, influssi stranieri. In questa commistione, bisogna in prima battuta conoscere le lingue. E successivamente, comparandole, scegliere come esprimersi a seconda dell'interlocutore con quale si è intavolato il dialogo. Senza bollare come errori da matita blu le licenze e gli svolazzi linguistici che spesso confondono il dialetto con la lingua nazionale. Una lingua è viva nella misura in cui si propone in un rapporto di scambio e contaminazione con varianti locali e apporti stranieri».



  




 

 
 
 

 

 
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