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22/07/2004 Sa prima parlata in Consigiu Regionale de su Presidente nou

Spissu foeddat de totu, ma non de limba

Istatutu nou, ispecialidade, autonomia, cultura, literadura e cinema de moda. Ma mancu una paraula po sa limba. Messagiu politìcu o faddonca clamorosa? Publicaus inoghe su discursu intreu. Signor Presidente, Onorevoli colleghi, mi accingo all’impegnativo e lusinghiero compito di presiedere il Consiglio Regionale sardo nell’avvio della XIII Legislatura. Lo faccio con commozione e con la preoccupazione che deriva dall’alto incarico istituzionale e dalla consapevolezza della non ordinarietà del momento storico e della vicenda politica che viviamo e nella quale siamo chiamati dal popolo sardo a svolgere il nostro ruolo e l’elevatissima funzione di legislatori. Rivolgo un saluto ed un ringraziamento ai miei predecessori, un saluto sincero ed affettuoso al Presidente della Regione ed a tutti voi che rappresentate i sardi in questa legislatura, alla Giunta che affiancherà il Presidente nell’azione di governo; A coloro che per la prima volta entrano a far parte di questa Assemblea, e che porteranno nuove energie, va il mio benvenuto; il bentornato a chi come me continuerà nel ruolo di consigliere e porterà il contributo dell’esperienza e della conoscenza dei problemi; Alle donne presenti nell’Assemblea e nella Giunta, più numerose che in passato, ben 14, ancora poche, ma tuttavia il numero maggiore nella storia di questa Regione, grazie anche alla scelta di una delle coalizioni in campo. La loro più consistente presenza in quest’Aula è un importante passo in avanti verso la realizzazione di quel principio della democrazia paritaria che è stato introdotto dalla recente riforma costituzionale e, per la nostra Regione in particolare, dalla modifica dello Statuto; Nella Legislatura scorsa, improduttiva per molti versi, la nostra Assemblea ha approvato, grazie all’iniziativa decisiva delle colleghe, la legge costitutiva della Consulta delle Elette, che riunisce tutte le donne delle Assemblee elettive della Sardegna; cercheremo di superare le difficoltà di prima applicazione facendo dell’insediamento della Consulta uno degli adempimenti che questa Presidenza intende portare avanti perché si possa costituire una rete effettiva fra istituzioni varie, fra centro e periferia, sui temi della rappresentanza e della crescita della presenza femminile nei luoghi decisionali. Voglio ringraziare tutti i Colleghi, la quasi totalità dei Colleghi della maggioranza che, con il loro voto, hanno consentito la mia elezione accordandomi fiducia ed assegnandomi una grande responsabilità; allo stesso modo ringrazio coloro che pur appartenendo alla stessa coalizione, nella libera e democratica manifestazione della loro opinione, non mi hanno votato: è per me motivo di impegno maggiore per guadagnare nel lavoro intenso che ci aspetta la loro fiducia ed il loro consenso; ad essi va, comunque, il mio rispetto; Considero la decisione delle minoranze di non proporre un candidato da oppormi, votando scheda bianca, un’importante apertura di credito e un atto politico di rispetto nei miei confronti che accrescerà la mia attenzione ed impronterà i miei comportamenti all’equilibrio ed al dovere di rappresentare l’intera Assemblea, alla cura di una prassi che consenta l’esercizio pieno e produttivo del proprio ruolo anche da posizioni di minoranza o di opposizione. Un saluto, infine, all’insieme delle organizzazioni ed associazioni, dei movimenti che rappresentano la società sarda nei suoi vari interessi economici, sindacali, professionali, culturali, artistici, sociali: con essi intendiamo inaugurare una stagione di confronto proficuo affinché la legislatura che si apre liberi le enormi energie che la Sardegna possiede e le orienti verso una stagione costituente di una nuova autonomia per delineare i confini ideali, culturali, economici e sociali della nostra identità e della consapevolezza di noi come comunità coesa che si realizza attraverso la capacità di autogoverno fondata sulla coscienza di essere popolo. In un tempo di grandi aperture, di omologazione di culture, si ha quasi timore che la ricerca ed il rafforzamento dell’identità, questo lavoro sulle radici, possa produrre chiusura ed isolamento, condannandoci alla marginalità. Evidentemente si pone il problema di quale identità intendiamo parlare. Adotterei la definizione che propone Nereide Rudas: “Un’identità che non si risolva in un tentativo quasi ossessivo di ritorno mitico alle origini, in una nostalgia immobile, chiusa entro confini sempre più ristretti, ma che scaturisca come parte di una grande progetto collettivamente partecipato”. Dobbiamo, quindi, pensare ad un percorso che esprima insieme identità e aspirazione a un maggiore collegamento con l’esterno da parte di un popolo – i Sardi – che vuole dialogare e non confliggere. Penso che sia giunto il tempo, senza retorica alcuna, di rifondare su basi moderne i principi essenziali della nostra specialità e della nostra autonomia, facendole vivere nell’attualità e assegnando a noi tutti un ambizioso compito (ambizioso, ma inevitabile e non rinviabile) di riscrittura dei presupposti teorici e legislativo/statutari della nostra autonomia. Abbiamo un patrimonio robusto di idee e di speranze che hanno costituito il terreno su cui è nata e cresciuta la nostra Regione e la autonomia invocata da Bellieni, Lussu, Cardia, Contu, Dettori, Dessanay per citarne alcuni. Ma dobbiamo fare un attento esame di coscienza del momento autonomistico. Dobbiamo avere, per accingerci a un’opera così grande e perché essa non resti fra le questioni enunciate e mai affrontate, “una grande temperie politica intorno a noi”, come avrebbe detto l’on. Mario Melis, cui va il mio pensiero ed il nostro ricordo. Ci vuole passione, temperie politica appunto, per far fronte ad un impegno così alto, perché, infine, la nuova autonomia possa venire alla luce tra “infinite doglie maieutiche” avrebbe detto Anselmo Contu. Una Sardegna consapevole di sé, al centro del Mediterraneo, aperta al mondo, ma profondamente legata alla propria cultura, alle tradizioni, ai saperi antichi e moderni; un gruppo dirigente che, nella sua accezione più ampia, produca, in termini unitari e collettivi, una nuova frontiera, una nuova speranza, un confine più articolato e collegato con il mondo. Sapremo essere all’altezza della sfida? Vogliamo essere all’altezza di questa sfida? La mia risposta è affermativa. Questa Assemblea regionale è stata espressa da una vicenda elettorale complessa e appassionata. Il grado di partecipazione e di attenzione, da parte della società civile, a questi mesi di impegno delle forze politiche tradizionali e delle nuove che sono venute organizzandosi ed esprimendosi, è stato importante, fra i più alti conosciuti dalla nostra storia autonomistica. Il risultato di questo processo è nuovo in modo consistente, esprime una determinata e consapevole volontà del corpo elettorale, emerge l’aspettativa di un cambiamento profondo della realtà economica, sociale, culturale della nostra Isola, e dei modi di essere della politica. L’insieme degli interessi, dei bisogni, delle intelligenze ha già costruito, così, quella che, usando il pensiero di un grande giurista del passato, può definirsi una diversa e più avanzata costituzione materiale della Regione. Spetta a noi adesso, nei prossimi cinque anni, adeguare gli istituti autonomistici a questa già presente ed espressa realtà di forze e coscienze. E’ un compito difficile ed importante, a cui tutti i caratteri, le culture, le personalità presenti nell’Assemblea sapranno certamente dare il proprio contributo. Più della metà dei Consiglieri – 85 per effetto della nuova legge elettorale - sono alla loro prima esperienza; 14, ancora poche, come detto, sono le donne; diversi i giovani, molti gli esponenti di professioni, nuove capacità e dinamismi. Questa diversa e nuova composizione dell’Assemblea offre fondate certezze che si saprà adempiere ai compiti che la situazione impone, portando a sintesi le esigenze che la nostra società ha maturato ed espresso nella recente costruzione della rappresentanza. Il ruolo della rappresentanza, il senso nuovo della rappresentanza: è proprio questo il nodo fondamentale che dovrà essere sciolto, come premessa delle complessive riforme che saremo chiamati ad attuare. Nella lunga transizione che il complessivo sistema costituzionale va percorrendo nel nostro Paese, è questo il passaggio più complesso, quello che stenta a trovare un’adeguata maturazione. Mentre gli esecutivi locali e regionali, e in parte quello nazionale, sembrano aver definito un loro ruolo ben caratterizzato e stabile, ancora problematica è, invece, la collocazione, la struttura definitoria delle Assemblee amministrative e legislative, nei rapporti con gli esecutivi, ma soprattutto con il corpo sociale. Tanto che, nel dibattito politologico e giuridico, il nuovo ruolo delle Assemblee è indicato come la vera “sfida istituzionale” dell’inizio del 21° secolo. Infatti, mentre la nostra democrazia regionale dispone oggi di un governo autorevole e forte, deve ancora essere delineato il ruolo propulsivo e dinamico che deve svolgere l’Assemblea, questa Assemblea. E l’intero sistema deve essere disegnato e garantito in nuove regole e forme. Si è molto discusso in queste settimane e nei giorni che hanno preceduto l’elezione del Presidente del Consiglio sul conflitto possibile fra Assemblea ed Esecutivo e sulla necessità di controbilanciare in qualche modo attraverso la figura del Presidente del Consiglio, un potere forte, eletto in modo diretto, del Presidente della Regione. Trovo fondata la preoccupazione di molti colleghi, se riferita al rafforzamento dell’esecutivo e alla relativa indefinitezza venutasi a determinare con l’applicazione alla nostra Regione di una legge elettorale che non contempla la specialità della Sardegna né le sue leggi fondative. Le nuove norme sovrapponendosi all’ordinamento vigente hanno prodotto delle sfasature, delle lacune, che creano un’obiettiva difficoltà interpretativa. Così per esempio la mancata sistematicità delle norme che sono state applicate alla elezione del nuovo Consiglio hanno prodotto nella fase del giuramento avvenuto in aula nei giorni scorsi una qualche incertezza sulla formula da adottare. Il giuramento reso dagli Assessori al Presidente nella formula prevista dalla legge è stato recepito in sede consiliare. Nello svolgimento di questa procedura qualcuno ha quasi voluto vedere un conflitto tra i due organi che peraltro derivano la loro legittimazione da un analogo mandato elettivo. Così non è. Così non può essere Meno fondata invece mi sembra la visione di un rapporto conflittuale fra il Presidente della Regione, la Giunta da lui nominata e l’Assemblea legislativa sarda. Penso che dobbiamo insieme adoperarci per rendere compatibili, finché non ci doteremo dei necessari strumenti regolamentari, le funzioni dell’esecutivo e del Consiglio attraverso il confronto, la ricerca del consenso, la condivisione. A questa regola intendo attenermi, giudicando non percorribile ed estremamente dannosa una “prova muscolare” e di contrapposizione. Il Presidente rappresenta l’Assemblea, ma non può essere in pregiudiziale conflitto con il Presidente della Regione Sarda che non è un governatore né sul piano legislativo, dove questo termine non esiste, né sul piano dei poteri che sono definiti, così come, allo stato, sono definiti e non modificati quelli del Consiglio. E tuttavia ciò non significa che non abbiamo di fronte una situazione diversa dal passato che ha necessità di correttivi opportuni e di una prassi improntata all’equilibrio. La Sardegna sconta, in questa direzione, forti ritardi. Un’Isola che ha saputo fornire una spinta decisiva perché nell’intero Paese si affermassero, dopo la prima e la seconda guerra mondiale del secolo passato, principi autonomistici e poi l’impianto regionale della Repubblica, non è stata in grado di interpretare adeguatamente e poi correggere e migliorare nei decenni il proprio Statuto, la sostanza della sua cosiddetta specialità. Un nuovo sistema istituzionale e operativo è quindi ciò che va costruito, più moderno, democratico ed efficiente. Ci aspetta un lavoro complesso, che va organizzato su diversi piani. Occorre innanzitutto rivedere il nostro Regolamento interno e disciplinare la nuova forma di governo con la cosiddetta legge statutaria, definendo i necessari nuovi equilibri fra esecutivo e legislativo, fra Regione e autonomie locali e sociali, fra Regione e Stato. Ridisegnare i rapporti fra Giunta e Consiglio ci porterà innanzitutto a modificare l’attuale Regolamento, prevedendo di fatto dei veri e propri statuti, cioè dei sistemi di garanzie, sia per il governo in Assemblea che per l’opposizione. Occorrerà riflettere sul ruolo e la composizione delle Commissioni, sulla necessità di forti strutture di supporto per le funzioni dei singoli Consiglieri e di tutti gli organi del Consiglio, puntando a migliorare, anche attraverso un pieno utilizzo delle professionalità esistenti all’interno della nostra struttura, la qualità delle nostre attività e l’efficacia dei loro risultati, utilizzando al meglio le consistenti risorse che la comunità assegna alla nostra istituzione. Dovrà finalmente costruirsi un sistema istruttorio e informativo capace di dare effettività alle nostre competenze e possibilità di controllo reale sulle condizioni di vita della nostra società e sulle politiche pubbliche. Il Consiglio Regionale sarà sempre più estraneo all’amministrazione attiva; ma dovrà rafforzare le sue funzioni di indirizzo politico generale, strategico, soprattutto attraverso una riscrittura dei suoi codici costituzionali e normativi, e svolgendo in modo nuovo e sistematico le sue funzioni di controllo sulla Giunta e sul sistema dei poteri che animano e regolano la società. L’idea di diritti di cittadinanza ha oggi assunto nuovo vigore e spessore, dilatando le occasioni e il senso della partecipazione dei cittadini all’esercizio del potere, i loro mezzi di difesa dal potere (pubblico e privato), il senso della questione morale e le possibili forme di revoca dei mandati pubblici. Per interpretare anche in Sardegna, e per nostra scelta, il senso di tali percorsi evolutivi, democratici, fondamentale dovrà essere il ruolo assegnato alle autonomie locali e sociali. Il Consiglio Regionale, anche attraverso l’istituzione del Consiglio delle autonomie locali, dovrà promuovere la creazione di una Regione come Amministrazione pubblica diffusa, la costruzione di una rete delle assemblee locali, svolgendo cioè il ruolo che viene oggi definito di “Parlamento federatore”. Ma il ruolo fondante di questa legislatura dovrà esprimersi soprattutto nella scrittura di un nuovo Statuto speciale. Dopo la guerra la nostra forma giuridico/politica di Regione speciale fondata sull’autonomia nacque da una Consulta e consultori erano i suoi componenti: penso che se concordiamo su quanto fin qui detto si possa pensare a un adeguato luogo e forma di elaborazione che coinvolga le migliori energie e competenze della Sardegna. Scrivere uno Statuto è una grande occasione non solo per riflettere su problemi di contingenza amministrativa, ma per ridefinire valori, metodi, strumenti dell’intera vita civile, economica, di una comunità. Lo Statuto della nuova autonomia dovrà consegnarci istituzioni più forti, autorevoli, socialmente fondate e controllate all’interno della Regione; ma dovrà anche ridefinire i suoi rapporti con lo Stato, l’Unione Europea, la realtà internazionale. La Sardegna dovrà essere un soggetto attivo, presente nei grandi processi di riforma che vanno attuandosi nei più ampi ambiti della convivenza, a partire dalla definizione di un Senato federale e di una Comunità europea e internazionale costruita anche con la originalità e la forza delle realtà più piccole, ma spesso non meno creative e significative. I rapporti tra le Regioni – soprattutto quelle speciali – e lo Stato andranno sottoposti ad approfondita verifica e modificati. Al decentramento formale, amministrativo e costituzionale dell’ultimo decennio si è contrapposta una sostanziale resistenza centralista – politica e degli apparati – un federalismo per abbandono, un’attribuzione di funzioni senza risorse, la fissazione di vecchi e nuovi vincoli. Le Regioni speciali hanno di fatto visto “sparire” gran parte delle loro specifiche attribuzioni e di fatto sono state private del loro diritto costituzionale ad intese davvero paritarie con lo Stato, ed alle quote di partecipazione alle politiche internazionali della Repubblica. Le norme statutarie sulla nostra presenza nella definizione dei trattati commerciali sono ormai prive di contenuti operativi. In questa direzione vi è davvero un mare da percorrere. La Regione ha per troppo tempo omesso di esercitare tante prerogative e attribuzioni di cui disponeva: il nostro patrimonio legislativo va riordinato e riempito di più moderni contenuti (per esempio nella programmazione culturale, economica, ecologica e territoriale, nella garanzia dei diritti civili per tutti, a partire dai più deboli); le nostre iniziative sul fronte finanziario vanno rapidamente riprese, sviluppate. Occorre, per tutto questo, attrezzarsi e impegnarsi subito. Le stesse norme di attuazione del vigente Statuto possono essere completate e arricchite, l’importante competenza esclusiva in materia di enti locali, di cui disponiamo da oltre 10 anni, va esercitata sino in fondo. La volontà e la speranza di una nuova dignità della vita civile nella nostra isola deve avere come prerequisito la capacità di stabilire un clima, una prassi continua, di confronto, di rispetto, di capacità d’ascolto fra tutte le forze politiche e istituzionali. Soprattutto in questa direzione – nel garantire il dialogo, il confronto civile, la costruzione condivisa – si produrrà l’impegno di questa Presidenza. La governabilità, la tempestività delle decisioni, che il nuovo metodo costituzionale ha introdotto e anche noi dovremo sperimentare, dovrà cioè qui trovare una giustificazione, una sede dialettica ed anche di controllo, sia da parte della maggioranza che delle minoranze. Gli equilibri che dovranno qui attuarsi, come già ho accennato, saranno diversi, e tutti importanti: tra governo e assemblea (maggioranza e minoranze insieme), tra minoranze e maggioranza, fra organi e istituti diversi di decisione, indirizzo, controllo e garanzia. La vera scommessa che ci attende è proprio questa: accompagnare la grande spinta innovativa e attuativa che la società e noi stessi attendiamo dal nuovo esecutivo con azioni, procedimenti di integrazione e garanzia, che la sottopongano a verifica e reale conoscibilità, arricchendola senza minimamente frenarla. In questo senso questa Assemblea sarà una sede di sperimentazione, di creazione istituzionale, o, se volete, più sommessamente, un’officina-laboratorio per costruire una nuova fase della nostra civiltà regionale. I profeti dell’autonomia – Tuveri, Asproni, Bellieni e Lussu –, i grandi movimenti di massa che l’hanno proposta nel primo e secondo dopoguerra del ’900, hanno concepito la nostra capacità di autogoverno e di emancipazione come un fatto economico, culturale, di liberazione sociale; ma anche, e non meramente in senso strumentale, come originale strumentazione dei poteri istituzionali. Anche i nostri gruppi dirigenti regionali, nei primi 50 anni di vita della Regione, si sono adoperati per creare le condizioni – sostanziali e formali – per rendere effettiva, dinamica e piena, l’autonomia: grandi eventi sono stati percorsi, come il Piano di Rinascita, l’età della contestazione verso lo Stato, l’unità autonomistica, e altre ancora. Spinte materiali e ideali che via via, come si dice, hanno poi perso la loro forza propulsiva. Oggi abbiamo necessità di nuovi valori e di nuovi strumenti. Il mondo, l’Europa, la nostra stessa piccola società sono diventati più complessi, e al tempo stesso tra loro più interdipendenti. L’impegno per nuove forme di cultura e di lavoro, più libere e garantite, la tutela dei diritti per tutti, la pace, l’equilibrio ecologico sono divenuti in modo sempre più forte e stringente valori estesi e condivisi . Valori estesi e condivisi che si devono fondare su un altro essenziale valore, direi una pre-condizione, un diritto di accesso, una discriminante politica: la libertà dal bisogno. Cresce nella nostra società la povertà, le povertà, aumenta il numero delle persone e delle famiglie che vengono risucchiate ogni giorno sotto la soglia minima di soddisfacimento di bisogni essenziali senza che contestualmente cresca nelle Istituzioni e nella stessa percezione che ognuno di noi deve avere, la consapevolezza del fenomeno e la esigenza di fare di questo problema la frontiera di qualunque battaglia per il cambiamento e per la civiltà. Non c’è progetto, programma, piano di lavoro, sistema di incentivi se non si ha presente e si opera per la sua rimozione; la questione delle vecchie e nuove povertà che diventano diritti negati, opportunità non date, diseguaglianza. Cresce il numero di chi ha molto meno di quanto serva e aumenta la forbice fra essi e chi è più garantito. Il Consiglio Regionale, il Presidente della Regione devono fare di questo problema il punto centrale della loro attività, una battaglia di civiltà. Intendiamo adeguare le nostre azioni ai nuovi modi dell’intelligenza e della creatività umana, attenti alle sollecitazioni che ci vengono dal mondo del lavoro, dalle sedi scientifiche, dai giovani, dalle donne che ormai esigono forme reali di parità nei diritti, dal nostro specifico patrimonio culturale, dalla letteratura e dal cinema, dalle arti. Siamo fra le Regioni in Italia con i più bassi livelli di scolarità: è necessario e urgente rimuovere questo ostacolo che tutto frena, che tutto condiziona. Nella tessera degli emigrati Sardi in Piemonte c’è una frase di Antonio Gramsci che diceva “Dobbiamo istruirci, istruirci, istruirci”: penso che dobbiamo ripartire da lì, aumentare istruzione e conoscenza, utilizzare al meglio le grandi energie soprattutto quelle dei giovani. Tutto questo, in gran parte, dobbiamo farlo tutti insieme, e questo Consiglio, questa istituzione, è il luogo fondamentale in cui possiamo farlo. Per interpretare in modo nuovo quella spinta originale che è l’autonomia, quella “pazzia” che – come sosteneva all’Assemblea Costituente Lussu in polemica con Nitti e i tanti ostinati centralisti – “è il sale della terra”, della nostra terra, aggiungerei umilmente. Un profilo così alto del nostro lavoro necessiterà di tutto il nostro impegno, che sono certo non mancherà, del coinvolgimento più vasto della società sarda, di un sostegno e di un contributo alla comunicazione che può avvenire solo grazie al lavoro degli amici dell’informazione che ci seguono e ci seguiranno. Ad essi rivolgo insieme al saluto dell’Assemblea, un appello affinché tutti insieme facciamo un passo in avanti rappresentando la politica e il nostro lavoro in modo nobile, come deve essere, di confronto di idee e di progetti e non solo come lotta interna fra partiti, fra gruppi, fra persone per l’occupazione delle istituzioni. Ciò avviene in gran parte per nostra responsabilità in parte per esigenze legate alla ricerca della notizia. E si sa la rissa fa sempre più notizia. A noi il compito di saper superare con il lavoro, con la serietà e l’impegno costante sui problemi, la rappresentazione non buona che spesso diamo, agli amici della stampa e dell’informazione tutta un sommesso invito a contribuire con noi alla riuscita di questo alto impegno. Buon lavoro a tutti

A segus