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Diretore:  Micheli Ladu - Editore: Sòtziu Limba Sarda
CHISTIONES

19/02/2009 
Fare da soli 
[de Roberto Bolognesi]
Perdonai-mi ca scriu in italianu, ma bollu essi siguru de essi precisu e de mi fai cumprendi.

Ieri mi sentivo orfano, e di più ancora umiliato dalla vittoria di Berlusconi: vista dall’estero la cosa è ancora peggio.
Ma oggi va già meglio: mi sento ancora orfano, ma non più umiliato.
A vincere, infatti, non è stato Berlusconi—né tantomeno Cappellacci—ma la politica: quella con la P minuscola.
È inutile nasconderci che Soru non è stato bravo, per usare un eufemismo, nell’esercizio della “politichedda”: quella dello spartimento delle poltrone, delle alleanze spregiudicate, del chiudere un occhio sulle magagne tue che tu lo chiudi sulle mie, ecc.
Eppure, se in Sardegna—regione autonoma del Regno Berlusconiano già da prima di queste elezioni—se vuoi fare Politica, devi essere bravo anche nella “politichedda”, perché la realtà è quella.
Lì ha fallito, ma, del resto, alle scorse elezioni era stato eletto proprio per la sua estraneità alla “politichedda”.
Senza voler dare un giudizio morale, ma semplicemente tecnico, su questa mancanza di capacità di manovra politica, è chiaro che Renato Soru non era abbastanza attrezzato per affrontare la sfida su questo terreno.
E se andiamo a vedere i dati, solo su questo terreno è stato sconfitto: o quasi….

I dati provengono da Repubblica: http://www.repubblica.it/speciale/2009/elezioni-regionali/sardegna.html

La sconfitta di Soru si spiega già in gran parte con il mutamento di alleanze avvenuto per queste elezioni: se gli si sottraesse il 4,39% di voti presi dal PSdAz e vicini di casa, Cappellacci passerebbe al 47,51% e la sua vittoria, risulterebbe netta, ma non schiacciante. Se invece quei voti li avesse presi Soru, allora lui sarebbe arrivato al 47,28: praticamente alla pari con Cappellacci.
Sappiamo che la corrispondenza tra voti di lista e voti per il presidente non è perfetta, ma, come si può vedere, tutti i candidati alla presidenza hanno ricevuto più voti che non le rispettive liste, dunque il 4,39% di voti PSdAz passati a Cappellacci va, in effetti, considerato approssimato per difetto.
Anche se è chiaro che la scelta di un candidato alla presidenza si compie sulla base di valutazioni più complesse di quelle che propongo qui, si può dire con sufficiente approssimazione che a determinare la vittoria di Cappellacci è bastata la comprovata capacità del centrodestra di stringere alleanze “eterodosse”.
Se poi Soru fosse stato capace di coinvolgere gli Indipendentisti, allora il risultato si sarebbe ribaltato.
Con questo discorso non voglio certo mettere in discussione la sconfitta di Soru, ma semplicemente chiedermi se la Sardegna che ha eletto Cappellacci sia allora diversa da quella che aveva eletto Soru. Sembrerebbe proprio di no!
Quindi non c’è motivo per sentirsi umiliati.
Se poi a questi dati uniamo quelli sui non votanti e quelli sulle schede bianche e i voti annullati—secondo il Corriere della Sera, questi ultimi sono il terzo partito della Sardegna!—allora si vede che a vincere non è stato Berlusconi, ma che è stato Soru a perdere alla grande!
E il PD con lui.
Due terzi dei Sardi rifiutano Berlusconi, mentre un terzo rifiuta sia Berlusconi che Soru: é vero, presento i dati in modo tendenzioso, ebbeh?
A pensarci bene, il risultato del cavaliere è, malgrado il suo strapotere mediatico ed economico, modestissimo.
E per di più, uno dei fattori determinanti—quello determinante, comunque, in termini di “politichedda” e quindi degli interessi di Berlusconi—è stato il cambiamento di alleanze del PSdAz.
A questo si è aggiunto il fatto che Soru si è dimostrato un comunicatore maldestro: mi limito a ricordare la questione, a me ben nota, della presentazione della LSC, che è stata affidata a un breve comunicato stampa che ha lasciato spazio alle interpretazioni più diverse. Questo non ha certo aiutato a far crescere i consensi attorno alla questione delicatissima dello standard regionale scritto.
Governare—non ricordo chi l’ha detto—significa riuscire a far accettare alla gente dei provvedimenti impopolari. Soru, che ha dimostrato un gran coraggio politico nel prendere decisioni impopolari e controcorrente, non è poi stato sufficientemente abile nel far accettare agli elettori queste sue decisioni.
E infatti, il numero dei non votanti in queste elezioni è calato del 3,5%, fino ad arrivare a costituire un terzo esatto degli aventi diritto al voto. Ecco il terreno su cui Soru avrebbe potuto vincere e invece ha perso: quello della gente che comunque mai voterebbe per Berlusconi: la stragrande maggioranza dei Sardi.
Ho anche altre critiche fondamentali sulla visione che Soru ha del problema dell’ambiente, della lingua e della cultura della Sardegna—la sua visione elitaria e conservatrice, nel senso letterale del termine, di questi problemi gli hanno impedito di sviluppare un progetto che aggregasse molto più consenso—però mi sembra inutile presentarle adesso: inutile piangere sul latte versato.

Adesso, al di là di ogni considerazione moralistica, c’è da chiedersi se il PSdAz e i suoi vicini di casa saranno ora in grado di assumersi le responsabilità che derivano dal loro successo nello scalzare il presidente più identitario che la Sardegna abbia mai avuto:
non a caso dico il loro successo, perché sono stati i Sardisti, ben più dell´ipertattivismo de cavaliere, a determinare la sconfitta di Soru.
Io dubito che abbiano questa capacità, ma chi vivrà vedrà.
Qui su Diariulimba Gianfranco Pintore e Michele Pinna, rappresentanti di quello schioeramento, ci propongono di accettare la sconfitta di Soru e di fidarci della coalizione vincente a cui hanno aderito. Questo loro porgere la mano ai “perdenti” gli fa onore.
Pinna dice: “Como est bennida s'ora de comintzare a impostare una politica pro chi sa limba intret de leze in s'iscola e in sos uffissios.”
Bene! Io ci sto! E non voglio nemmeno mettermi da una parte a guardare se Pinna , Pintore e gli altri riusciranno nel loro intento. Fin dove questo è doveroso, voglio anche io “sporcarmi le mani” sostenendo apertamente la loro richiesta di attuazione delle promesse elettorali che loro ci hanno fatto e la cui realizzazione io auspico.
Ma, se possono chiedermi di fidarmi di loro, anche per via del legame personale, non possono però chiedermi di fidarmi di Berlusconi: figuriamoci, a tutto c´è un limite!
E, naturalmente, non a caso non parlo di Cappellacci: io da buon laico, sono agnostico anche rispetto al problema della sua esistenza.
Ma propongo a Pinna e Pintore una scommessa: se loro riusciranno a mantenere le loro promesse elettorali tramite questa giunta, io mi impegno ufficialmente a raccogliere i fondi per far erigere un monumento equestre a entrambi!
E non esagero, perché adesso hanno vinto la scommessa delle elezioni, ma se riuscissero a mantenere le loro promesse elettorali, allora avrebbero vinto la scommessa con la storia!
Se poi dovessi vincere io, lo scettico, mi basta una bottiglia di filu ‘e ferru per consolarmi.

Per il resto, da parte mia, sono contento e soddisfatto di aver appoggiato Renato Soru in questa campagna elettorale. Glielo dovevo: ha fatto per la lingua sarda più di tutti gli altri politici messi insieme in tutta la storia della RAS.
Avrebbe potuto fare di meglio e di più, ma io non ero al suo posto e non so quali siano state le sue motivazioni: non ho mai fatto parte della sua “corte”.
E oggi mi sento orfano, perché adesso—a meno ché non si verifichi il miracolo promesso da Pintore e Pinna—non ci sarà più la nuova legge per la lingua. Non mi sembra credibile che Cappellacci mandi avanti il DDL approvato dalla giunta Soru un giorno prima delle dimissioni.

Dovremo allora fare da soli.
Per certi versi, ovviamente, sarà molto più dura di 5 anni fa, ma, per altri, l’eredità che ci ha lasciato Soru ci renderà la vita molto più facile che allora.
Il livello di coscienza linguistica in Sardegna non è mai stato così alto e oggi lo sappiamo con certezza, grazie alla ricerca sociolinguistica voluta da Soru.
L’uso pubblico del sardo da parte di Soru, poi, ha fatto molto.
C’è da aspettarsi che i nemici della LSC oggi aprofittino del loro potere per distruggere questo importante strumento lasciatoci da Soru, ma quello che non possono distruggere è la coscienza diffusa che una lingua unitaria dei sardoparlanti è possibile e necessaria, sempre che ci si limiti allo scritto.
Allora è il caso che siamo noi stessi, movimento per la lingua, ad assumerci la responsabilità di proporre gli emendamenti necessari alla LSC, in modo che siano possibili pronunce diverse e che tutte le varietà del parlato vengano garantite.
Per la cronaca, la proposta esiste già e l’ho presentata a Siliqua nel luglio scorso!

Come ho già scritto altre volte, per fare la cosa più necessaria per il sardo—renderlo una lingua pubblica e normale—non ci occorrono né leggi ne patron politici: tocat a nosu e a nosu sceti a fueddai su sardu in donnia situatzioni e cun totus!
Per questo invito i lettori anche a entrare nel gruppo di Facebook “Deu dueddu su sardu fintzas cun sa genti disconnota”: serve a contarci (e siamo già 178!) e a sapere che non siamo soli! Antzis, iat a tocai a organizai una festa manna po s’atobiai!
Tra l’altro, sempre su Facebook si può vedere il fiorire di gruppi che in un modo o nell’altro fanno riferimento alla limba e la maggior parte di questi gruppi è stato formato da persone estranee al movimento storico della limba.
Facciamo uso dei moderni strumenti informatici per organizzarci dal basso e far pesare le nostre idee e la nostra volontà su un quadro politico che non promette niente di buono per la limba.
Custu fait a ddu fai, e intzandus tocat a ddu fai.

E questo vale anche per l’introduzione del sardo nella scuola. Le scuole con la loro autonomia possono già fare moltissimo. Ho sentito da amici che molti insegnanti attivi per la limba hanno cominciato a stendere una rete di contatti: anche a loro consiglio di usare Facebook per organizzarsi, mettere insieme forze e risorse, scambiare idee e esperienze e entrare in contatto con gli altri “sardus sfaccíus”.
Ajo, tocat a si movi!














 




 
 
 

 

 
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