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CHISTIONES

08/12/2006 
Contras sa retòrica de sos natzionalismos

articolo tratto da www.lenghe.net

MARCHETTI CONTRO LA RETORICA DEI NAZIONALISMI 
UN INTERVENTO DI GIANFRANCO ELLERO SUL “GAZZETTINO” 
di Redazion - 07/12/2006 

In occasione della presentazione del libro "L'autonomia culturale di Giuseppe Marchetti, 1946-1949" edito dall’Istitût Ladin Furlan "Pre Checo Placerean" per la "Golaine di studis su l'autonomie", il curatore Gianfranco Ellero (nella foto) ha scritto un intervento uscito sul Gazzettino di mercoledì 6 dicembre. Lo pubblichiamo integralmente.


Quest'anno di anniversari - rivolta d'Ungheria, crisi di Suez, nascita della Repubblica Italiana, terremoto del Friuli - si conclude, per l'Istitût Ladin-Furlan "Pre Checo Placerean", con la presentazione di un libro (alla Fondazione Crup) su Pre Bepo Marchet nel quarantesimo della morte. 

Non è agevole inquadrare la poliedrica figura di Giuseppe Marchetti in poche righe, ma è doveroso almeno ricordarla con ammirazione e gratitudine. Due sono i suoi capolavori assoluti: La scultura lignea del Friuli, del 1956, e Le chiesette votive del Friuli, pubblicato postumo nel 1971. Ma non si possono dimenticare la Gramatiche furlane del 1952 e la Cuintristorie, che compariva a puntate su La Patrie dal Fril a partire dal 24 febbraio 1946 (altro anniversario!). Che cos'era il Friuli per pre Bepo? Nella sua concezione era essenzialmente un'area culturale ben distinta per lingua, arte, mentalità, tradizioni religiose e alimentari, e per l'aquileiesità del suo cristianesimo. 

Il suo pensiero era forse derivato dalla lezione di Fernand Braudel, che aveva scritto: «È il raggruppamento regolare, la frequenza di certi tratti, la loro ubiquità in un'area precisa che costituiscono i primi segni di una coerenza culturale, un'area con il suo centro, il suo nucleo, le sue frontiere, i suoi margini». 

Ci voleva coraggio e genialità per applicare il modello braudeliano al Friuli, soffocato dal nazionalismo, dapprima veneziano (il Friuli veneto), poi italiano (il Friuli ex-veneto), infine triveneto (le Tre Venezie inventate da Graziadio Isaia Ascoli) e soltanto pochi, fra essi il giovane Pasolini, capirono la sua lezione. Per i più fu sufficiente dire che con la polemica non si fa storia; che non si può andare contro la splendida Venezia; che Aquileia era la seconda Roma; che di questo passo si va dritti al separatismo per isolare Marchetti e per rendere sterili le sue tesi neostoriche. 

Marchetti voleva, in sostanza, che l'insegnamento della storia non fosse al servizio di questo o quel nazionalismo, e asseriva che poteva essere più credibile e utile se si fosse trasformato in un servizio culturale per realtà ragionali o locali. Per questo, su La Patrie del novembre 1946, propose di purgâ i libris di scuele. Citando Bertrand Russel, scrisse che «francesi, tedeschi e anche inglesi non hanno la coscienza immacolata sotto questo profilo.

Ma temiamo che nessuno abbia la coscienza sporca come lo stato italiano: nelle nostre scuole è considerato il principale dovere dell'educatore quello di gonfiare le budella del bambino con l'indiscutibile "dogma" del primato civile e morale degli italiani e con quello della barbarie, dell'inferiorità e della congeniale malvagità di tutti gli altri popoli». Marchetti era fondatamente preoccupato per una classe intellettuale e docente incapace di approfittare della libertà di pensiero e di parola per uscire dai luoghi comuni della retorica nazionalistica. Se questa sarà la cultura della classe dirigente che governerà le Regioni italiane, sembra ammonire pre Bepo, nulla o ben poco si salverà.

www.lenghe.net
di Gianfranco Ellero (da "Il Gazzettino", edizione del Friuli, 6 dicembre 2006) 



  




 

 
 
 

 

 
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